di Giuseppe Acconcia
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I giovani
rivoluzionari tornano in piazza Tahrir per il terzo giorno consecutivo in
attesa della grande manifestazione del prossimo venerdì. Dal canto suo, il
movimento “6 aprile” ha chiesto di formare un fronte contro l’elezione
dell’ultimo primo ministro di Mubarak, Ahmed Shafiq, come presidente. Cresce la
protesta contro il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali. Ha
vinto Mohammed Mursi dei Fratelli musulmani con il 24,7% dei voti. Ahmed Shafiq
è secondo con il 23,6%. L’affluenza alle urne è appena al 46%.
Farouk
Sultan, presidente della Commissione elettorale, ha definito “irrilevanti” le accuse
di brogli e frodi avanzate dai candidati esclusi: il socialista Hamdin Sabbahi
e l’islamista riformista Aboul Fotuh. Subito dopo l’annuncio del risultato
elettorale è stato appiccato il fuoco da ignoti agli uffici di Dokki di Ahmed
Shafiq.
La
delusione degli esclusi dal secondo turno brucia ancora. Si allarga il fronte
del boicottaggio del voto. Dopo l’annuncio dei risultati, i primi a raggiungere
piazza Tahrir dal quartiere di Mohandessin sono stati i giovani sostenitori di
Hamdin Sabbahi. “Mursi-Shafiq? Non è la mia battaglia! – aggiunge Ahmed del
cartello elettorale “Rivoluzione continua” – la Rivoluzione è finita”. D’altra
parte, nella Fratellanza si teme una sconfitta al secondo turno. La distanza
tra Shafiq e Mursi è di soli 264.000 voti. Non solo, rispetto alle elezioni
parlamentari, nelle quali avevano ottenuto il 52%, i Fratelli musulmani hanno perso parte del loro
elettorato. I voti in uscita sono andati con ogni probabilità verso il
candidato socialista. La fratellanza punta ora sul voto progressista per
fronteggiare l’avanzata di Shafiq e rispolvera il discorso rivoluzionario.
Grande è
invece la delusione in campo liberale. Amr Moussa, il favorito della vigilia,
ha ottenuto solo l’11%. I liberali pagano l’errore di non aver imposto la
riscrittura immediata della Costituzione prima dell’avvio del procedimento
elettorale. Ma non tutto è perduto. Sia Shafiq che Mursi tentano di portare
dalla loro parte Mohammed el-Baradei, grande escluso dalla competizione
elettorale, offrendogli la carica di primo ministro.
I conti
con il vecchio regime sono ancora aperti. È attesa tra pochi giorni la sentenza
al processo in cui Mubarak è accusato di aver ordinato di sparare contro i
manifestanti. Mentre è appena arrivata la condanna del dirigente del Partito
nazionale democratico, Zakaria Azmi, a sette anni di reclusione per concussione.
Se dietro la vittoria di Mursi c’è il partito Libertà e giustizia, dietro il
secondo posto di Shafiq c’è lo Stato egiziano e il Partito nazionale
democratico. Fratelli musulmani ed esercito continuano in questo modo a negare
lo spirito rivoluzionario e a riprodurre un sistema di potere clientelare, in
cui la ribellione è permessa per tenere in vita il sistema.
Dal Cairo, Giuseppe Acconcia (“La primavera egiziana”, Infinito edizioni, 2012, pagg. 157, €
13,00)
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