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giovedì 26 aprile 2012

Infinito edizioni – Nuovo in libreria


Di Enisa Bukvić
Prefazione di suor Stella Okadar
Introduzione di Cornelia Rosiello
Postfazione di Olga Bisera Vukotić

“Le donne con cui l’autrice si è misurata sono state per lei esperienze preziose. Ognuna di esse le ha dato una spinta per scoprire dentro di sé la forza insospettata per affrontare, combattere e vincere difficoltà apparentemente insormontabili. Molte di loro sono state sconvolte da una guerra in cui hanno perso affetti, sicurezze, ricordi di famiglia, ma tutte hanno conservato incredibilmente la forza di ricominciare, di sognare, di amare e di credere in un domani migliore. Nessuna di loro ha perso questo tesoro nascosto”. (suor Stella Okadar)

Io, Noi, le Altre non si presentano come soggetti isolati, separati da barriere e da confini, ma come vite continuamente connesse in quella rete straordinaria che è la relazione tra donne”. (Cornelia Rosiello)

“Le donne sono capaci di grandi sfide psicologiche e fisiche; basti pensare al dolore con cui una volta partorivamo, o alla capacità di noi donne di sopportare dolori immensi”. (Olga Bisera Vukotić)

L’autrice
Enisa Bukvić è nata a Bijelo Polje (Montenegro). Laureata in Scienze agrarie a Sarajevo e specializzata in Scienze dell’alimentazione a Roma, ha maturato una lunga esperienza lavorativa dapprima nell’industria agro-alimentare jugoslava e italiana, poi nella ricerca scientifica, nella formazione e nella cooperazione con organizzazioni non governative (ong) italiane e internazionali. Vive a Roma da oltre vent’anni. Ha pubblicato Il nostro viaggio (Infinito edizioni, 2008) e Naš Put (Infinito edizioni, 2011). Per contattarla: enisabukvic@yahoo.com

Per informazioni, Infinito edizioni: 06/93162414
Maria Cecilia Castagna: 320/3524918

mercoledì 25 aprile 2012

Infinito edizioni – Nuovo in libreria

(pag. 112, € 14,00)
di Alfio Petrini
Introduzione di Giorgio Taffon

 “L’esperienza può essere trasmessa ad altri? Può essere comunicata un’esperienza che non ha linguaggio? Ci si può provare, a condizione che si abbia la volontà e l’abilità di mettere il cuore a nudo. Nel regno del cuore non si possiede nulla, tanto meno qualcuno. Non si ha nulla da insegnare, ma si ha molto da imparare. Escludo dalle finalità delle mie creazioni artistiche la volontà di lanciare messaggi e di fare progetti per cambiare il mondo. Scrivo quando mi trovo in uno stato di assoluta necessità. Altrimenti leggo, vado a teatro, curo le piante dei miei giardini, faccio altre cose. Scrivo per studiare, ascoltare, riempire un silenzio mentre se ne riapre un altro. Scrivo per fare di una esperienza una nuova esperienza”. (Alfio Petrini)

Il lavoro sulle azioni fisiche applicato alla scrittura drammaturgica è il tema centrale di questo lavoro per frammenti. Presupposti fondamentali: il drammaturgo scrive per l’attore non per lo spettatore; il testo scritto è autonomo rispetto allo spettacolo; tra testo linguistico e scena esiste un rapporto di collaborazione che si concretizza in una sorta di tradimento per amore da parte dell’attore e del regista; il movimento della creazione artistica va dal fare al dire, dalla cosa al come, dal materiale all’immateriale; il luogo della creazione artistica è la contesa, dove valori opposti e contrari sono irriducibili.

Credo convintamente che le intuizioni di Alfio Petrini contribuiscono a generare nuovi sensi e direzioni alla scrittura nell’attuale fase di un teatro post-drammatico e frantumato nell'estrema individualizzazione del fare” (Giorgio Taffon)

L’autore
Alfio Petrini è maestro riconosciuto di Teatro Totale. Dirige il Centro Nazionale di Drammaturgia. Svolge attività come drammaturgo, regista, pedagogo, critico di teatro e di nuove arti visive. È esperto di creazioni artistiche in aree intermediali e sinestetiche fondate sulle miscele linguistiche eterogenee. Conduce seminari e laboratori integrati per istituzioni pubbliche e private. Scrive per Reti di Dedalus, Dramma.it e Liminateatri.
È autore del Manifesto del Teatro Totale, del Manifesto della Nuova Drammaturgia e del Manifesto del Teatro barbarico. Ha firmato trentacinque regie teatrali e dodici programmi culturali per la RAI. Ha lavorato con Teatri Stabili e Compagnie private, partecipando a più di cinquanta spettacoli.

Per informazioni, Infinito edizioni: 06/93162414
Maria Cecilia Castagna: 320/3524918

martedì 24 aprile 2012

La Sarajevo di oggi, di Luca Leone giornalista, autore di libri (tra cui Saluti da Sarajevo), editore

Sono così tante le parole che il suo solo nome, Sarajevo, evoca e fa venire alla mente, da rendere arduo il metterle in fila e farle uscire dalla bocca, una per una.
Sarajevo è città dolce e spigolosa, aperta e ostinata, urbana e contadina, mistica e pervicacemente laica. È da sempre residenza e ispirazione per letterati, artisti, grandi poeti e immensi teatranti. È sede di commerci e viandanti che s’incontrano nei caravanserragli di ieri e d’oggi. È luogo degli opposti, in cui le diversità da oltre mezzo millennio s’incontrano, mescolano e convivono in serenità e armonia.
Il suo nome stesso – Sarajevo – è simbolo di simbiosi e ibridazione tra due culture ancor prima che queste s’incontrassero e si fondessero tra loro. La parola saraj è infatti turca e sta a testimoniare la radice ottomana della fondazione di Sarajevo. Il primo governatore (bej) turco di Sarajevo fu Isa-Beg Isaković, l’uomo che aveva conquistato nel 1463 la nuova provincia ottomana di Bosnia e che da subito dette il via all’edificazione della sua residenza e futuro palazzo del potere, appunto il saraj, che prese il nome di Konak. Saraj è dunque termine turco utilizzato per descrivere un palazzo fortificato al cui interno si svolgessero mansioni governative o amministrative. Il nome slavo della città era invece Saraje Ovasi, traducibile come “castello in pianura”. I primi Slavi erano giunti laddove sorge oggi Sarajevo intorno al 500 dopo Cristo. Il suffisso “evo” del nome della città deriva proprio da ovasi e la fusione dei due termini determinò la nascita dell’appellativo odierno della città, originato dalla fusione di due parole provenienti da due diverse lingue.
E non pensiate che col 1463, con la conquista ottomana, sia cominciata la conversione forzata dei cristiani. Tutte bugie. La conversione fu soffice e indolore e i primi a convertirsi – e a trasformarsi negli antenati degli attuali musulmani bosniaci, la cui provenienze etnica è la stessa identica di cattolici e ortodossi – furono i bogomili, ovvero gli aderenti a una setta eretica cristiana forse fondata da un ex prete ortodosso, perseguitati sia dai cattolici che dagli ortodossi. Costoro, per reagire alle persecuzioni man mano si convertirono all’Islam, ottenendo così un riscatto sociale trasformandosi in proprietari terrieri e commercianti.
Sarajevo oggi è ancora così, figlia dell’amalgama di più culture, religioni, usanze, rispettosa delle genti che la visitano o vi vivono. È stata, lungo 1.350 giorni, il bastione indefesso della libertà contro il nazifascismo sanguinario dell’ultranazionalismo serbo e serbo-bosniaco che l’anno assediata e quasi rasa al suolo, facendo piovere sulle città – tra il 1992 e il 1995 – una media di oltre trecento granate al giorno, che nelle fasi più acute della devastazione sono diventate più di tremila (!) nell’arco di sole ventiquattr’ore. La città ha pagato all’assedio un dazio di sangue terribile, con oltre 11.000 morti, più del 10 per cento dei quali bambini. Cifre orribilmente simili, quasi identiche, a quella pagate dalla città in occasione di un altro assedio nazista e fascista, quello avvenuto durante la seconda guerra mondiale.
La distruzione non ha però fermato Sarajevo e la sua gente. Tra mille difficoltà – provocate dal sistema economico neoliberista innestato su un sistema sociale distrutto dalla guerra e dalle divisioni indotte dai nazionalismi cattolico, ortodosso e musulmano – la città sta rinascendo e i giovani stanno tornando a fare cultura, musica, teatro. La città torna a vivere e ci chiede due cose: di non ricordarla e rievocarla solo ogni dieci anni in occasione degli anniversari “tondi” dello scoppio della guerra; e di vigilare affinché le mafie e la pessima politica di questi anni vengano messi alla porta.
Sarajevo ha bisogno di noi, delle nostre menti libere e prive di pregiudizi. Sarajevo ci aspetta per visitarla e conoscerla. Non farlo equivale a dare ragione ai criminali – Ratko Mladić, Radovan Karadžić, Slobodan Milošević e loro eguali – che hanno provato a cancellarla e a violarne la natura.
In nessuna città al mondo nel volgere di poche centinaia di metri quadrati è possibile visitare la sinagoga ebraica, la cattedrale cattolica, quella ortodossa e la più antica e grande moschea dei Balcani. Che si creda o meno in Dio – qualunque nome Egli abbia e ammesso che esista – non si può non visitare il luogo, l’unico al mondo, in cui i più grandi monoteismi si guardano, si studiano, si scrutano a pochi metri di distanza. Ma non si odiano.
Il testo è disponibile sul sito della Infinito edizioni (www.infinitoedizioni.it) e può essere ripreso liberamente citando la fonte (©Luca Leone 2012).

Per informazioni, Infinito edizioni: 06/93162414
Maria Cecilia Castagna: 320/3524918

martedì 17 aprile 2012

"SCAFFALE ITALIANO": INFINITO EDIZIONI DONA LIBRI ALLE SCUOLE E UNIVERSITÀ ALBANESI ATTRAVERSO RAT ONLUS


Infinito edizioni ha partecipato con un invio di un’ottantina di libri al progetto “Scaffale italiano” promosso da RAT ONLUS – Rete degli albanesi in Toscana. La RAT è un’associazione che riunisce molte associazioni e gruppi di cittadini albanesi che vivono in Toscana e ha, tra i suoi obiettivi principali, la costruzione di una cultura del dialogo e della conoscenza reciproca. RAT opera sia in Toscana che in Albania grazie alla partnership con la ong albanese AGORA’.
Il progetto “Scaffale italiano” ha come fine la costruzione di uno scaffale in lingua italiana in tutte le biblioteche pubbliche e universitarie in Albania.
L’italiano è la lingua più conosciuta in assoluto nel Paese delle Aquile e una comunità di oltre 500.000 albanesi vive in Italia ormai da vent’anni. Molte scuole superiori albanesi hanno l’italiano come seconda lingua straniera e in alcune di esse si insegnano anche alcune materia direttamente in italiano. Esistono facoltà di italianistica nelle principali università albanesi (Tirana, Durazzo, Valona, Elbasan, Scutari…) ma spesso mancano i libri e i materiali didattici necessari, fruibili e soprattutto gratuiti. Da qui l’idea di RAT di chiedere a case editrici italiane, biblioteche pubbliche e universitarie, associazioni e privati cittadini, di donare libri. Infinito edizioni ha risposto volentieri a quest’appello ed è pronta a ripetere la donazione in futuro, compatibilmente con le possibilità del momento.
Per chi fosse interessato a donare volumi a RAT, questi sono i contatti a cui rivolgersi:
RAT
Via Guido Monaco 48
52100, Arezzo
info@ratonlus.org
tel. 0575 1948039
Fax 0575 1948770
www.ratonlus.org

giovedì 12 aprile 2012

Infinito edizioni – Nuovo in libreria


(pag. 176, 13,00€)

di Anna Milazzo
A cura di Beatrice Gnassi
Prefazione di Massimo Carlotto
Introduzione di Gianni Cascone
 
“La sistematica violazione dei diritti umani non fu solo un metodo ‘necessario’ a eliminare l’opposizione ma un progetto politico scientificamente pianificato. Questa la tremenda verità dei pronunciamenti militari latinoamericani. La vicenda umana e politica di Anna Milazzo è un esempio emblematico di quello che accadde. Prima, dopo... durante. […]
Anahí del mare ci narra la notte di un popolo ma alla fine della lettura la ‘luce’ di Anna inonda di senso l’intera vicenda. Anna ha vinto. A caro prezzo, certo, ma questo libro raccoglie mille e mille piccole vittorie. Anche delle persone che le sono state vicino in questi lunghi anni.
Spero che Anahí del mare abbia il successo che merita. Spero che in tanti, tantissimi lo leggano. Spero che venga adottato nelle scuole. Che scuota coscienze, cha ravvivi memorie.
Io lo porterò con me. Nella mia mente, nel mio cuore”. (Massimo Carlotto)
“Anna Milazzo appartiene a quella generazione che in molti Paesi dell’America Latina è stata travolta, a tratti del tutto cancellata, dalle dittature fasciste: dell’Uruguay, di cui spesso non si parla, così come del Cile, dell’Argentina, del Paraguay, insieme a molte delle nazioni del Centro America. Lei ha provato, nell’anima e nel corpo, quello che hanno provato ebrei, comunisti, omosessuali, zingari e oppositori di fronte alla follia nazista. Come è stato possibile tutto questo?”. (Gianni Cascone)
Negli anni che hanno preceduto il golpe del 27 giugno 1973, la violenza attraversa l’Uruguay. Anahì, come tanti altri giovani universitari, si interessa di politica, si schiera dalla parte di chi difende la libertà e i diritti fondamentali, scende nelle piazze per denunciare i metodi repressivi del regime. Questa generazione pagherà il prezzo più alto per le sue idee. L’esperienza della prigione e della tortura spezza in due la vita e i ricordi di Anahì. In esilio a Firenze tenta di costruire una vita “normale” ma riuscirà a liberarsi delle ombre di un passato oscuro e rimosso, soltanto tornando a Montevideo. Si intrecciano alla sua storia, quelle di Marisa, Santiago, Lucia, Tomàs e molti altri protagonisti che compongono un affresco intenso e complesso di un popolo che con coraggio e ostinazione ha sfidato il potere efferato della dittatura. Un racconto che oscilla tra la suggestione del mito e l’impegno civile, tra un tempo soggettivo e quello della memoria storica. Un percorso personale, quello dell’autrice, per rivivere, affrontare e superare le ferite del passato.

Con il patrocinio di Amnesty International

L’autrice
Anna Milazzo è nata in Italia nel 1950. All’età di quasi due anni è emigrata con la sua famiglia in Uruguay e ha vissuto a Montevideo fino al dicembre 1972. Proprio quell’anno è stata sequestrata dalle forze armate e torturata. Anna non ricorda quasi niente del periodo di prigionia a parte grida atroci. La sua memoria ricomincia dalla sua liberazione, in un campo sotto la pioggia e i fulmini. In Uruguay ha frequentato per due anni il corso di Psicologia presso la facoltà di Scienze umane dell’Università della Repubblica. Dopo la sua liberazione è andata in esilio a Firenze, dove si è laureata in Filosofia.

La curatrice
Beatrice Gnassi, laureata in Lettere all’Università di Firenze, lavora all’interno dell’Ufficio Comunicazione della Sezione Italiana di Amnesty International. Si occupa delle pubblicazioni dell’associazione e del coordinamento editoriale della rivista trimestrale “I Amnesty”. È la curatrice del Rapporto annuale.

Per informazioni, Infinito edizioni: 06/93162414
Maria Cecilia Castagna: 320/3524918

mercoledì 11 aprile 2012

Infinito edizioni – Nuovo in libreria


(pag. 160, 13,00€)

Di Clariste Soh-Moubé
Traduzione di Max Hirzel
Prefazione di Giulio Cederna
Introduzione di Dagmawi Yimer
Presentazione di Aminata D. Traoré
                                   

Una giovane donna, africana, calciatrice. Un sogno che chiama Mbeng, Europa. Il racconto di un viaggio che è una vita – settemila chilometri in otto anni. Un percorso lungo e tortuoso nel tempo e nello spazio, aggrappata al football per avvicinare l’Europa. La storia di un inganno, di un sogno – la fortezza Mbeng – che è illusione. E la narrazione di una rinascita, ritornando all'Africa.
“Cara sorella e compagna di viaggio, chiunque leggerà questo tuo libro ricordi che dietro ciascuna persona che viene pestata, ammazzata, annegata in mare o umiliata, stuprata, c’è almeno una madre che la pensa, che l’aspetta. Attraverso il tuo racconto ho intravisto le donne e le ragazze che hanno viaggiato con me. Donne con nomi e cognomi, che hanno lasciato dietro madri, padri, fratelli, figli, prima che questo viaggio le spogliasse di tutto. (Dagmawi Yimer)
“La testimonianza di Clariste ci interroga. Ha il merito di illuminare dall’interno la Trappola: il paradosso di un mondo che ha globalizzato i bisogni e geo-referenziato i diritti, promesso lo scambio universale dei sogni e delle merci, e costruito muri altissimi per arginare la libera circolazione degli esseri umani”. (Giulio Cederna)

Con il patrocinio di ApertaMente onlus, Il mondo nella città,
Medici con l’Africa Cuamm Piemonte

L’autrice
Clariste Soh-Moube è nata nel 1979 a Yaoundé (Camerun). Terminate con buon esito le scuole primarie e secondarie, intraprende gli studi superiori, interrotti nel momento in cui smette di credere nella forma di sistema universitario che le si presenta, e rinuncia alla corsa ai diplomi di laurea. Si lancia nell’avventura della migrazione all’inseguimento d’un desiderio d’Europa e di una vita migliore che durerà otto anni. Oggi, avvicinatasi al cosiddetto altermondialismo, si è messa al servizio dell'Africa e sogna di ritrovare il suo martirizzato continente. È assistente ricercatrice al Centro Amadou Hampâté Ba (CAHBA) a Bamako (Mali) dove, accanto ad Aminata Traoré, persegue questo suo disegno.

Per informazioni, Infinito edizioni: 06/93162414
Maria Cecilia Castagna: 320/3524918

giovedì 5 aprile 2012

Infinito edizioni nell’ambito della tavola rotonda sul tema “Posizione della donna nella società balcanica” vi invita alla presentazione in anteprima nazionale del nuovo libro

Io, noi le altre
Donne portatrici di cambiamento tra Bosnia Erzegovina, Istria e Italia
(pag. 144, € 12,00)

Di Enisa Bukvić
Prefazione di suor Stella Okadar
Introduzione di Cornelia Rosiello
Postfazione di Olga Bisera Vukotić

Giovedì 5 aprile ore 17,00
Presso il Museo della Civilità Romana
Piazza Giovanni Agnelli 10 – Roma

Intervengono con l’autrice, Vittoria Fiumi, regista, Suor Stella Okadar, Manuela Orazi, Associazione “Lipa”, Hatidža Džombić Mahmutović, esperta di cucina bosniaca
Modera Enrica Baldi (Tenera Mente onlus)
Brevi letture a cura di Nela Lučić

“Le donne con cui l’autrice si è misurata sono state per lei esperienze preziose. Ognuna di esse le ha dato una spinta per scoprire dentro di sé la forza insospettata per affrontare, combattere e vincere difficoltà apparentemente insormontabili. Molte di loro sono state sconvolte da una guerra in cui hanno perso affetti, sicurezze, ricordi di famiglia, ma tutte hanno conservato incredibilmente la forza di ricominciare, di sognare, di amare e di credere in un domani migliore. Nessuna di loro ha perso questo tesoro nascosto”. (suor Stella Okadar)

Io, Noi, le Altre non si presentano come soggetti isolati, separati da barriere e da confini, ma come vite continuamente connesse in quella rete straordinaria che è la relazione tra donne”. (Cornelia Rosiello)

“Le donne sono capaci di grandi sfide psicologiche e fisiche; basti pensare al dolore con cui una volta partorivamo, o alla capacità di noi donne di sopportare dolori immensi”. (Olga Bisera Vukotić)

L’autrice
Enisa Bukvić è nata a Bijelo Polje (Montenegro). Laureata in Scienze agrarie a Sarajevo e specializzata in Scienze dell’alimentazione a Roma, ha maturato una lunga esperienza lavorativa dapprima nell’industria agro-alimentare jugoslava e italiana, poi nella ricerca scientifica, nella formazione e nella cooperazione con organizzazioni non governative (ong) italiane e internazionali. Vive a Roma da oltre vent’anni. Ha pubblicato Il nostro viaggio (Infinito edizioni, 2008) e Naš Put (Infinito edizioni, 2011). Per contattarla: enisabukvic@yahoo.com
  
Per informazioni, Infinito edizioni: 06/93162414
Maria Cecilia Castagna: 320/3524918

mercoledì 4 aprile 2012

Infinito edizioni – Nuovo in libreria

Io, noi le altre
Donne portatrici di cambiamento tra Bosnia Erzegovina, Istria e Italia
(pag. 144, € 12,00)

Di Enisa Bukvić
Prefazione di suor Stella Okadar
Introduzione di Cornelia Rosiello
Postfazione di Olga Bisera Vukotić

 “Le donne con cui l’autrice si è misurata sono state per lei esperienze preziose. Ognuna di esse le ha dato una spinta per scoprire dentro di sé la forza insospettata per affrontare, combattere e vincere difficoltà apparentemente insormontabili. Molte di loro sono state sconvolte da una guerra in cui hanno perso affetti, sicurezze, ricordi di famiglia, ma tutte hanno conservato incredibilmente la forza di ricominciare, di sognare, di amare e di credere in un domani migliore. Nessuna di loro ha perso questo tesoro nascosto”. (suor Stella Okadar)

Io, Noi, le Altre non si presentano come soggetti isolati, separati da barriere e da confini, ma come vite continuamente connesse in quella rete straordinaria che è la relazione tra donne”. (Cornelia Rosiello)

“Le donne sono capaci di grandi sfide psicologiche e fisiche; basti pensare al dolore con cui una volta partorivamo, o alla capacità di noi donne di sopportare dolori immensi”. (Olga Bisera Vukotić)

L’autrice
Enisa Bukvić è nata a Bijelo Polje (Montenegro). Laureata in Scienze agrarie a Sarajevo e specializzata in Scienze dell’alimentazione a Roma, ha maturato una lunga esperienza lavorativa dapprima nell’industria agro-alimentare jugoslava e italiana, poi nella ricerca scientifica, nella formazione e nella cooperazione con organizzazioni non governative (ong) italiane e internazionali. Vive a Roma da oltre vent’anni. Ha pubblicato Il nostro viaggio (Infinito edizioni, 2008) e Naš Put (Infinito edizioni, 2011). Per contattarla: enisabukvic@yahoo.com

Per informazioni, Infinito edizioni: 06/93162414
Maria Cecilia Castagna: 320/3524918