INFINITO EDIZIONI PER #HeForShe
Mentre vi annunciamo la nascita dell'account twitter del Premio Barbara Fabiani per la storia sociale, in ricordo di una donna e di una studiosa, prematuramente scomparsa, che si è battuta strenuamente per i diritti delle donne e la parità di genere, abbracciamo caldamente la campagna #HeForShe, promossa recentemente alle Nazioni Unite dall'attrice Emma Watson, la nota Hermione Granger della saga di Harry Potter.
Riportiamo di seguito il suo stupendo discorso sulla battaglia per l'ottenimento delle pari opportunità tra uomini e donne.
Buona lettura e buona riflessione a tutti!
"Vostre
eccellenze, Segretario generale dell’ONU, presidente dell’Assemblea Generale,
direttore esecutivo di ONU Donne, distinti ospiti.
Oggi
lanciamo una campagna chiamata #HeForShe. Mi sto rivolgendo a voi perché
abbiamo bisogno del vostro aiuto. Vogliamo porre fine alla disparità di genere
e, per farlo, abbiamo bisogno del coinvolgimento di tutti.
Questa è la
prima campagna nel suo genere all’ONU, vogliamo spronare tanti più uomini e
ragazzi possibili ad essere dei sostenitori del cambiamento e non vogliamo solo
parlarne. Vogliamo assicurarci che sia tangibile.
Sono stata
eletta ambasciatrice di buona volontà dell’ONU Donne sei mesi fa, e più ho
parlato di femminismo e più mi sono resa conto che troppo spesso combattere per
i diritti delle donne diventa sinonimo di odiare gli uomini. Se c’è una cosa
che so con certezza è che questo deve finire.
Per la
cronaca, il femminismo per definizione è la convinzione che uomini e donne
debbano avere pari diritti, pari opportunità. È la teoria dell’uguaglianza
politica, economica e sociale dei sessi. Emma watsonHo cominciato a mettere in
dubbio le supposizioni basate sul genere tanto tempo fa.
Quando avevo
8 anni ero confusa dal fatto che mi definissero dispotica perché volevo
dirigere le recite che allestivamo per i nostri genitori; ma ai maschi non
succedeva. Quando a 14 anni, ho cominciato ad essere sessualizzata da certi
elementi dei media.
Quando a 15
anni, le mie amiche hanno cominciato ad abbandonare le squadre degli sport che
amavano perché non volevano apparire muscolose.
Quando a 18
anni, i miei amici [maschi] non erano capaci di esprimere i loro sentimenti… ho
deciso che ero femminista e la cosa mi sembrava tutt’altro che complicata. Ma
le mie ricerche più recenti mi hanno dimostrato che “femminismo” è diventata
una parola impopolare. Le donne si rifiutano di identificarsi come femministe.
A quanto
pare, [io] sono tra le schiere di donne le cui parole sono percepite come
troppo forti, troppo aggressive, isolanti e anti-uomini, persino non attraenti.
Perché è diventata una parola tanto scomoda?
Provengo
dalla Gran Bretagna e penso che sia giusto che io sia pagata tanto quanto le
mie controparti maschili; penso che sia giusto che io sia in grado di prendere
delle decisioni che riguardano il mio corpo; penso che sia giusto che le donne
vengano coinvolte in mia vece [nella politica] in quelle decisioni che
influenzeranno la mia vita; penso che sia giusto che socialmente mi sia
garantito lo stesso rispetto che è garantito agli uomini.
Ma
sfortunatamente, posso dire che non c’è neanche una nazione al mondo in cui le
donne possono aspettarsi di ricevere questi diritti. Nessuna nazione al mondo
può dire di aver raggiunto la parità dei sessi. Considero questi diritti dei
diritti umani. Ma io sono una delle [donne] fortunate.
La mia vita
è un vero e proprio privilegio perché i miei genitori non mi hanno voluto meno
bene perché sono nata femmina; la mia scuola non mi ha limitata perché ero una
ragazza; i miei mentori non hanno presupposto che sarei andata meno avanti
[nella vita] perché un giorno avrei potuto avere un figlio.
Queste
influenze, sono stati gli ambasciatori per la parità dei sessi che mi hanno resa
chi sono oggi. Potrebbero non esserne consapevoli, ma sono quei femministi
involontari che stanno cambiando il mondo oggi. Ne abbiamo bisogno in numero
maggiore.
E se ancora
odiate la parola: non è la parola che è importante, ma l’idea e l’ambizione che
ci sta dietro. Perché non tutte le donne hanno ricevuto i miei stessi diritti.
Infatti, statisticamente, sono molto poche ad averli ricevuti.
Nel 1997,
Hilary Clinton fece un famoso discorso a Pechino sui diritti delle donne.
Tristemente, molte delle cose che voleva cambiare allora, sono ancora vere
oggi. Ma quello che mi ha colpito di più, è che meno del 30% del pubblico era
composto da uomini.
Come
possiamo influire sul cambiamento nel mondo quando solo la metà di esso è
invitato o si sente benvenuto a partecipare alla conversazione? Uomini. Vorrei
cogliere quest’occasione per estendervi un invito formale. La parità di genere
è anche un problema vostro.
Perché fino
a questo momento, ho visto il ruolo di mio padre considerato meno importante
dalla società, nonostante da piccola avessi bisogno della sua presenza tanto
quanto quella di mia madre. Ho visto giovani uomini affetti da malattie
mentali, incapaci di chiedere aiuto per paura di apparire meno virili, o meno
uomini.
Infatti,
nel Regno Unito il suicidio è la prima causa di morte degli uomini tra i 20 e i
49 anni, eclissando incidenti stradali, cancro e malattie cardiache. Ho visto
uomini resi fragili ed insicuri dalla percezione distorta di cosa sia il
successo maschile. Neanche gli uomini beneficiano dei diritti della parità di
genere.
Non
parliamo molto spesso di come gli uomini siano imprigionati dagli stereotipi di
genere, ma riesco a vedere che lo sono. E quando ne saranno liberati, come
conseguenza naturale le cose cambieranno anche per le donne. Se gli uomini non
devono essere aggressivi per essere accettati, le donne non si sentiranno in
dovere di essere sottomesse. Se gli uomini non devono controllare, le donne non
dovranno essere controllate.
Sia gli
uomini che le donne devono sentirsi liberi di essere sensibili. Sia gli uomini
che le donne devono sentirsi liberi di essere forti. E’ tempo di concepire il
genere su uno spettro, e non come due serie di valori opposti. Se smettiamo di
definirci l’un l’altro in base a cosa non siamo, e cominciamo a definire noi
stessi in base a chi siamo, possiamo essere tutti più liberi. Ed è di questo
che si occupa He For She.
Di libertà.
Voglio che gli uomini prendano su di sé questo impegno, così che le loro
sorelle, madri e figlie possano essere libere dai pregiudizi, ma anche perché
anche i loro figli possano avere il permesso di essere vulnerabili e umani.
Rivendichiamo quelle parti di loro che hanno abbandonato e così facendo
permettere loro di essere una versione più vera e più completa di loro stessi.
Magari starete
pensando: chi è questa tipa di Harry Potter? E che diavolo ci sta facendo a
parlare all’ONU? E’ una buona domanda. Mi sono chiesta la stessa cosa. Tutto
quello che so è che mi importa di questo problema e che voglio far sì che le
cose migliori.
Avendo
visto quello che ho visto e avendone l’opportunità, credo che dire qualcosa sia
una mia responsabilità. Lo statista Edmund Burke ha detto che per far sì che il
male trionfi, tutto ciò che serve è che bravi uomini e brave donne non facciamo
niente.
Nella mia
agitazione per questo discorso, e nei miei momenti di insicurezza, mi sono
detta con fermezza: se non io, chi? Se non ora, quando? Se avete dei dubbi
simili, quando vi si presentano delle opportunità, spero che queste parole vi
siano d’aiuto. Perché la realtà è che se non facciamo niente, ci vorranno 75
anni, o che io compia quasi 100 anni, prima che le donne possano aspettarsi di
essere pagate tanto quanto gli uomini per lo stesso lavoro. 15 milioni e mezzo
di ragazze si sposeranno nei prossimi sedici anni e lo faranno da bambine.
E con
questi ritmi, non sarà prima del 2086, che tutte le ragazze della campagna
africana potranno ricevere un’educazione di livello secondario. Se credete
nella parità, potreste essere uno di quei femministi involontari di cui ho
parlato prima e per questo, mi complimento con voi. Stiamo facendo fatica a
trovare una parola che ci unisca, ma la buona notizia è che abbiamo un
movimento che ci unisce. Si chiama He For She.
Vi invito a
farvi avanti, a farvi vedere e a chiedervi: se non io, chi? Se non ora, quando?
Vi ringraziamo tantissimo." (dal sito Green Pink. Il discorso è stato pronunciato dall'attrice Emma Watson il 21 settembre a New York, alle Nazioni Unite).