Translate

venerdì 6 marzo 2015

#8marzoxché, ne parliamo con Sabrina Servucci, autrice di Punto di ConTatto, a breve in libreria

Abbiamo chiesto ai nostri autori e a voci importanti del giornalismo e dell’attivismo sociale cosa ne pensano della Festa della Donna ponendo loro due domande. Ogni giorno pubblichiamo le loro risposte, in modo da arrivare all’8 marzo più consapevoli. L’hashtag di riferimento per questa iniziativa sarà #8marzoxché.

L’8 marzo è la Giornata Internazionale della Donna, ufficializzata dall’Onu nel 1977 come data simbolo per rendere omaggio alle lotte e ai sacrifici della donne che, dall’inizio del 1900, e ancora oggi, lottano per avere pari diritti e per opporsi strenuamente a discriminazioni e violenza. Ha ancora senso, nel 2015, festeggiare la festa della donna, oppure è un’arma a doppio taglio?

Le occasioni per strumentalizzare importanti ricorrenze sono abbondanti, come abbondante è il consumismo dei nostri giorni. Bisognerebbe ricordare già nelle scuole il significato dell’8 marzo: insegnare che c’è il futuro e c’è il passato, e qual è la storia.
Nell’inverno del 1908, a New York, le operaie di un’industria tessile scioperarono alcuni giorni chiedendo migliori condizioni di lavoro. L’8 marzo il proprietario imprigionò le scioperanti e alla fabbrica venne appiccato il fuoco, così le 129 operaie morirono. Si dice che accanto alla fabbrica bruciata nacque una pianta di mimosa. Fu Rosa Luxemburg a proporre la data dell’8 marzo come giornata di lotta internazionale. La mimosa fu presa come fiore simbolo del coraggio delle donne.

Oggi molte donne non conoscono questa storia, né il significato di questo simbolo. Cosa ne è restato?
Come si può evitare che le donne, soprattutto le ragazze giovani, identifichino l’8 marzo con la mimosa e non con il vero significato della festa?

Un mazzolino di mimose in questi giorni costa un occhio della testa; dopo qualche giorno inizia a puzzare e a perdere polline che macchia il pavimento, e alle donne tocca pure pulire. È bene onorare il passato per non dimenticare, ma soprattutto resistere ai cliché ed essere soltanto quello che siamo.
A mio parere bisogna cercare la lucidità perché la cosa più difficile, che ci rende più autentiche, è vedere le cose come sono. Né più belle, né più brutte. Semplicemente come sono. Vedere le cose come sono ed amare noi stesse e la nostra condizione. "Avere presente". Aver presente che ogni esperienza compiuta ci ha portato proprio qui, a quello che siamo ora, e che ogni giorno è buono per crescere ancora. (Sabrina Servucci, autrice del Punto di ConTatto, a breve in libreria)