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sabato 7 marzo 2015

Gabriele Maestri, giornalista e scrittore, per #8marzoxché

Domani partiranno i festeggiamenti per la Festa della Donna. Chi andrà a cena fuori con le amiche, chi riceverà una mimosa, chi non farà nulla per protesta. Sentiamo l'opinione di un giornalista, Gabriele Maestri, Caporedattore di Termometro Politico e autore con Alberto Bertoli di Come un uomo, a maggio in tutte le librerie.
Gli abbiamo chiesto #8marzoxhé.

L’8 marzo è la Giornata Internazionale della donna, ufficializzata dall’Onu nel 1977 come data simbolo per rendere omaggio alle lotte e ai sacrifici della donne che, dall’inizio del 1900, e ancora oggi, lottano per avere pari diritti e per opporsi strenuamente a discriminazioni e violenza. Ha ancora senso, nel 2015, festeggiare la festa della donna, oppure è un’arma a doppio taglio?

Inutile negarlo: da un po' di tempo a questa parte, una giornata non si nega a nessuno. La nostra agenda è piena di una miriade di ricordi buoni e giusti, delle vittime della Shoah e delle foibe, dei nonni e dei dializzati... e via elencando. L'unico senso di queste giornate, allora, è farle diventare ordinarie, nel nostro piccolo. Ricordarci l’8 marzo delle donne che hanno impegnato la loro vita (magari sacrificandola) per i diritti di chi condivide il loro genere va bene, ma serve solo se gli altri giorni dell'anno ci si impegna a continuare l'ottima battaglia della tutela e della promozione dei diritti, a fianco di chi continua a farlo in giro per il mondo. Ci sta bene che "Giornata" sia un sostantivo femminile: spetta a noi non accontentarci del singolare, per renderlo il più plurale possibile.

Come si può evitare che le donne, soprattutto le ragazze giovani, identifichino l’8 marzo con la mimosa e non con il vero significato della festa?

Occorre più attenzione da parte di tutti, anche se richiede che si investano tempo ed energie. La responsabilità maggiore però credo sia degli uomini: spetta a loro (anche se fanno i fiorai) non pensare che il patrimonio di una giornata si possa compendiare nella mimosa. Regalatelo pure il rametto, se piace a voi e a loro, ma se lo legate a un libro di testimonianze di lotta, di poesie, di vite di valore è meglio. E, comunque, risparmiatevi la mimosa, se dopo tocca ancora a lei lavare i piatti o i panni, o lo fate solo quella sera, rifilandole il lavoro sporco gli altri 364 giorni. Non dite ‘meglio che niente’: questo è peggio di niente. (Gabriele Maestri, giornalista, caporedattore di Termometro Politico, autore con Alberto Bertoli di Come un uomo, in uscita a maggio 2015)