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sabato 7 marzo 2015

Parliamo di #8marzoxché con Ilenia Carrone, autrice di Le donne della Resistenza

Ancora un contributo dai nostri autori per #8marzoxché, che ha l'obiettivo di aprire gli occhi su una festa, o meglio su una giornata, che profuma tanto di mimosa ma che ha un grande e profondo significato da oltre un secolo.
Ecco le risposte di Ilenia Carrone, sociologa e scrittrice di Donne della Resistenza. Chi meglio di lei può parlarci di donne e storia di genere?

L’8 marzo è la Giornata internazionale della donna, ufficializzata dall’Onu nel 1977 come data simbolo per rendere omaggio alle lotte e ai sacrifici delle donne che, dall’inizio del 1900, e ancora oggi, lottano per avere pari diritti e per opporsi strenuamente a discriminazioni e violenza. Ha ancora senso, nel 2015, festeggiare la festa della donna, oppure è un’arma a doppio taglio?

Il “movimento delle donne” ha attraversato tutto il Novecento; decennio dopo decennio ha ribadito e attualizzato le proprie istanze. Tante conquiste importanti hanno cambiato la prospettiva del vivere di molte di loro, soprattutto dopo il termine della guerra nel ’45. Donne, madri, figlie, nonne, ma anche da quel momento cittadine. Fino alle più recenti conquiste degli anni Settanta, quelle che hanno dato spessore alla sfera civile della vita delle donne. Tuttora sembra che ancora ci sia molto da fare e dunque penso di sì, penso che nel 2015 sia ancora giusto mantenere ferma la data dell’otto marzo come Giornata Internazionale della Donna e sfruttare l’occasione, quantomeno, per riflettere su quello che resta da fare. Certo, non è sufficiente avere una ricorrenza, serve innanzitutto una presa di coscienza rispetto alla propria specificità di donne, cosa che non può che essere facilitata da un percorso di crescita e da una educazione aperti e sensibili alle tematiche di genere. Restano ancora molti nodi che sono da sciogliere, che sono nodi arcaici e ben sedimentati (ahinoi). Penso, in primo luogo, alla necessità di sconfiggere un pregiudizio maschile che, nonostante il passare delle epoche, continuo a sentire ben ancorato alla nostra società: il pregiudizio di una presunta inferiorità delle donne rispetto ai temi importanti della politica e dell’economia, rispetto agli assunti importanti dell’organizzazione di uno Stato (elemento questo che si riverbera a tutti i livelli della società). Occorre, a mio avviso, sconfiggere anche il pregiudizio maschile che da sempre e ancora oggi marginalizza le donne nell’ambiente domestico, nella cura della casa e nella cura dei figli. Il dato allarmante della violenza sulle donne, dentro e fuori dall’ambiente domestico, è purtroppo figlio del perdurare di questi pregiudizi, anche nelle giovani generazioni, quelle che dovrebbero lasciarsi alle spalle, a maggior ragione e una volta per tutte, un certo tipo di cultura passata. 

Come si può evitare che le donne, soprattutto le ragazze giovani, identifichino l’8 marzo con la mimosa e non con il vero significato della festa?

Purtroppo la commercializzazione della mimosa è connaturata al tipo di società in cui viviamo, una società orientata al consumo e spesso allo spreco. Ricordiamoci però che nelle prime manifestazioni dell’otto marzo, la mimosa era un simbolo che distingueva le donne che avevano raggiunto un certo tipo di consapevolezza rispetto alla propria specificità di donne. Era un segno di distinzione che veniva attaccato alla giacca e mostrato con orgoglio. Occorre tornare a quella consapevolezza e a portare e regalare la mimosa con quello stesso spirito. (Ilenia Carrone, autrice di Le donne della Resistenza)