Translate

martedì 30 giugno 2015

La riforma della scuola. Chi vuole ora può cambiare: la forma e il merito – di Corrado Poli

L'approvazione del DDL governativo sulla riforma della scuola rende ancora più attuale il saggio, scritto sull’esperienza diretta, di Corrado Poli "Rivoluzione a scuola".
Nel testo sono contenute numerose proposte che oggi, grazie all'autonomia concessa agli istituti, possono essere adottate concretamente. Se fino a ieri le proposte di Poli potevano sembrare utopiche, con la riforma rientrano nelle possibilità e nelle capacità del sistema scolastico di farle proprie. Qui di seguito pubblichiamo un testo di Corrado Poli sulla riforma della scuola.


Riguardo l’aspetto formale la procedura di approvazione della legge di riforma della scuola è stata evidentemente discutibile dal punto di vista Costituzionale. Mettere la fiducia, e ancor più proporla in un unico articolo per evitare la discussione, è una violazione formale e sostanziale del dettato costituzionale. A poco serve dire che non è la prima volta che accade; e a molto serve ricordare che la correttezza democratica dovrebbe precedere ogni altra considerazione. D’altra parte però s’era sollevata un’opposizione conservatrice, ostruzionistica e populista che ha rifiutato un qualsiasi dialogo con il Governo per motivi estranei al vero contenuto delle norme proposte. Anche questo modo di agire non è rispettoso della sostanza delle norme Costituzionali. Per quanto mi senta ferito da questi comportamenti, non faccio drammi. Anzitutto perché da una legge come quella approvata si può tornare indietro agevolmente. Diverso sarebbe stato il caso – pure in passato verificatosi – che lo stesso vulnus alla Costituzione fosse stato inferto in relazione a decisioni irreversibili quali l’approvazione di grandi opere o della scelta nucleare. In secondo luogo la politica prevede di tanto in tanto qualche hybris, violazioni che la trasformano e la rigenerano. Così come non sempre ciò che è legale è anche giusto e opportuno, come sa chi in politica distingue tra dike, nomos e agathos. Infine, l’approvazione è avvenuta a maggioranza e ci saranno altri possibili controlli alla Camera, da parte del Presidente della Repubblica, della Corte Costituzionale e ci sarà ancora la possibilità di abrogare la legge con referendum.

Sul merito della legge sottolineo come questa non preveda un’immediata palingenesi della scuola. Molto più opportunamente offre delle opportunità a chi vorrà e saprà utilizzarle per innovare e operare in modo creativo. In questo senso si pone in linea con un trend storico-culturale e tecnico operante anche in altri settori amministrativi in cui sono state necessarie riorganizzazioni. Non sorprende quindi che i conservatori usino tutte le loro armi per frenare il cambiamento. Oggi, nelle organizzazioni l’innovazione è diventata centrale e ha sostituito la “pianificazione”, cioè un modello proprio della tecnologia e del contesto socio-culturale di qualche decennio fa. L’organizzazione oggi viene pensata prevalentemente con l’intento di consentire flessibilità e diversità: piuttosto che progettare un funzionamento a priori si organizzano sistemi capaci di adattarsi, di recepire messaggi ed elaborarli liberamente.
La nuova legge consentirà alla scuola di adattarsi progressivamente a questa impostazione culturale. Non impone la nuova situazione – altrimenti agirebbe secondo i canoni della vecchia programmazione – ma apre a un meccanismo evolutivo grazie all’introduzione di possibilità che, se vincenti, trasformeranno gradualmente il vecchio senza eliminarlo in modo violento ed esplicito e ne conserverà le qualità migliori.
I conservatori timorosi paventano la situazione peggiore possibile: dirigenti incapaci e clientelari, docenti soggetti a ricatti e costretti a scegliere posti di lavoro non graditi; differenze di rango tra istituti e aree geografiche. Non hanno torto e tutto questo accadrà senz’altro, così come la situazione attuale presenta criticità altrettanto insopportabili che i conservatori non vedono perché si sono adattati. Compito degli innovatori sarà di dedicarsi a minimizzare gli inconvenienti e impegnarsi a ottenere il meglio da quanto proposto. Le organizzazioni non funzionano come macchine, ma sono entità umane che operano in modo politico. I dirigenti incapaci – quelli che hanno paura di assumersi le responsabilità e hanno protestato per questo – saranno contrastati dagli stessi insegnanti che sapranno organizzare l’opposizione con i consueti strumenti sindacali e con nuovi comportamenti organizzativi. La maggior parte dei dirigenti, dovendo assumersi maggiori responsabilità, imparerà e crescerà professionalmente. Sia gli insegnanti sia i dirigenti hanno ora la possibilità – ancora ridotta, ma che va rafforzata – di scegliersi a vicenda per collaborare a progetti condivisi. C’è da attendersi che nei prossimi anni, nella maggior parte delle scuole non si cambierà nulla e tutti continueranno a lamentarsi e a essere infelici. Ma la legge consente ora che qualcuno cominci a innovare. Alcuni dirigenti e insegnanti si aggregheranno per realizzare la scuola migliore della provincia e del mondo, alla quale tutti vorrebbero iscriversi. Ma poiché non tutti hanno la stessa idea su cosa sia il meglio, ci saranno tante scuole che diverse persone considereranno le migliori possibili. Ci sarà così un numero superiore di persone che disporranno di quanto di meglio esista poiché avranno quel che desiderano.

È ora di studiare la legge per sfruttare tutte le opportunità di cambiamento che consente. 

venerdì 26 giugno 2015

TORTURA, UN PROBLEMA GLOBALE. E L’ITALIA È ANCORA SENZA LEGGE - DI RICCARDO NOURY

Pubblichiamo il post di Riccardo Noury sul blog del Corriere della Sera Le persone e la dignità sulla Giornata mondiale in memoria delle vittime di tortura
In Messico è il “tehuacanazo”: acqua gassata iniettata nelle narici. In Marocco è il “pollo allo spiedo”: si sospende una persona a testa in più, con ginocchia e polsi legati a un palo. In Nigeria è il “tabay”: rimanere sospesi a un gancio con i gomiti legati dietro la schiena. Nelle Filippine è la “ruota della tortura”: viene fatto ruotare un disco sui cui spicchi sono descritti i metodi di tortura, e si pratica quello su cui si è fermata la lancetta. Se, per esempio, si ferma su “20 secondi di Manny Pacquaio” – pugile di livello mondiale – partono cazzotti per 20 secondi consecutivi.
I torturatori hanno molta fantasia. Sono un’innumerevole moltitudine, considerato che Amnesty International negli ultimi cinque anni ha riscontrato casi di tortura in 141 Paesi: a volte isolati, a volte quotidiani, come in Messico dove nel 2013 sono stati denunciati 1.503 casi; in questo Paese dal 1991 vi sono state solo sette condanne per tortura. O come in Uzbekistan, dove i torturatori non brillano per creatività assassina ma applicano certosinamente supplizi medievali (bastonate, soffocamenti) e scariche elettriche.
Ironicamente, quel numero, 141, quasi coincide con quello, 157, dei Paesi che, ratificando la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984, si sono impegnati a non torturare e a mettere fuori legge, con apposita normativa interna, questa orrenda pratica.
L’Italia è compresa in entrambi i numeri. Ma nel nostro Paese la legge contro la tortura non c’è ancora. È dal 1989, quando la Gazzetta ufficiale pubblicò la legge di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite, che le organizzazioni per i diritti umani la pretendono.
Nel 1999, la campagna per l’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano ebbe un sostenitore illustre. Con l’interpellanza n. 2/01945 che lo vedeva primo firmatario, l’onorevole Silvio Berlusconi si chiedeva perché non fosse stato ancora introdotto il reato specifico di tortura, mancanza descritta come “inqualificabile inadempimento”.
Due anni dopo, diventò capo del governo e cambiò parere.
L’idea che in Italia il reato di tortura non serva perché non c’è la tortura o non sia opportuno perché rischierebbe di criminalizzare l’intero corpo delle forze di polizia è dura a morire. Per quattro legislature ha avuto un sostegno trasversale, che neanche una recente sentenza della Corte europea dei diritti umani sembra essere riuscita a scalfire.
In teoria, in questa quinta consecutiva legislatura in cui si discute di tortura, i numeri per approvare la legge ci sarebbero. Ma se i contrari sono compatti, i favorevoli si dividono tra chi vorrebbe difendere un testo non perfetto ma non in contrasto con la Convenzione contro la tortura e chi vorrebbe migliorarlo. Il rischio è che, dopo un passaggio al Senato e uno alla Camera e il ritorno del testo emendato al Senato, anche questa volta il parlamento non approvi la legge.
PS Il 3 giugno, il parlamento nigeriano ha approvato la legge contro la tortura, che ora attende la firma del nuovo presidente Muhammadu Buhari per entrare in vigore. 

giovedì 25 giugno 2015

Il sorriso di Charlie: giornata mondiale in memoria delle vittime di tortura

“Charlie ha in testa un vecchio cappello di velluto beige. Sorride. Mostra de­gli splendidi denti bianchi. Grandi. Perfettamente allineati. È arrivato in Italia nel novembre 2002 dopo avere lasciato la Liberia, il suo Paese natale sconvolto dalla guerra. Charlie sorride, dunque. Lo fa affabilmente e stringe con vigore ogni mano che gli viene tesa. La sua voce somiglia a un sussurro, un fioco sof­fio quasi impercettibile. «Sono in Italia – racconta – perché un giorno d’estate del 1999 il National Patriotic Front of Liberia (Npfl) ha deciso che avrei dovuto imbracciare le armi per combattere contro altri liberiani».
«Io – riprende a raccontare Charlie – all’imposizione del National Patriotic Front risposi di no. Che non avrei mai vestito la divisa. Perché sono un paci­fista. E perché non volevo sulla coscienza dei fratelli uccisi dalle mie mani. Il Fronte non reagì bene. Nell’agosto del 1999 mi arrestarono, trascinandomi in carcere. Ho vissuto per tre anni tra quattro luride mura. Fui liberato nell’ago­sto del 2002». Ma Charlie non potrà mai più cancellare quei 36 mesi. «Non c’è stato giorno, non c’è stata ora in cui i miei carcerieri non mi imponessero umiliazioni o in cui non mi infliggessero torture e violenze fisiche e morali d’ogni genere. Ogni giorno – riprende con gli occhi velati d’angoscia – i militari mi costringevano per ore a mettermi accosciato, nella posizione di una rana, e a saltare. E questo finché non si stancavano di ridere e di divertirsi con la mia sofferenza. Spesso mi te­nevano per lungo tempo sospeso da terra, legato per le braccia o per i polsi». Ma la tortura è un’altra cosa. Mi guarda quasi attonito. Ora sembra rianimarsi. Sorride di nuovo «La tortura? Ne vuoi vedere un esempio? – fa con gli occhi lucidi, che rispecchiano il tonfo dell’anima nella palude infestata dei fantasmi dei ricordi – Ecco che cosa vuol dire essere torturati dai militari del Npfl». Avvicina una mano alla bocca. Il sorriso, quel bel sorriso fatto di denti grandi e perfettamente allineati, ora è lì, sul palmo della mano di Charlie, tenuto in­sieme da una placca rosa. «Questa – fa dopo avere rimesso la protesi in bocca – è una delle conseguenze meno spiacevoli che possono capitare a chi viene torturato. Senza contare che ogni volta, dopo essere stato picchiato, nessuno ha mai pensato di portarmi in infermeria per medicarmi le ferite».
Nell’agosto del 2002 venne proclamata un’amnistia. Il Npfl decise di svuo­tare le carceri. Dopo una tragedia lunga tre anni anche Charlie poté tornare a vedere la luce del sole. Ma, per assurdo, la sua vita era a questo punto più in pericolo di prima.”
La testimonianza di Charlie è raccontata in Uomini e belve. Storie dai Sud del mondo di Luca Leone ed è liberamente disponibile per la stampa citando la fonte © Infinito edizioni – 2015.

26 giugno: giornata mondiale in memoria delle vittime di tortura

Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, disumani e degradanti recita l’articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani sancendo uno dei diritti umani più saldamente protetti dal diritto internazionale. Infatti, oltre a essere affermato nella Dichiarazione universale dei diritti umani e ribadito in strumenti internazionali – come il Patto internazionale per i diritti civili e politici – e regionali, il divieto di tortura viene sancito in una Convenzione ad hoc nel 1984: la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti.
Il divieto di tortura è assoluto: questo significa che un pubblico ufficiale o una persona che agisca a titolo ufficiale non possa mai infliggere intenzionalmente dolore o sofferenze gravi a un’altra persona anche in situazioni di emergenza, quali una guerra, una catastrofe naturale o creata dall’uomo.
Nonostante l’obbligo per gli Stati parte della Convenzione di considerare reato la tortura, indagare in modo approfondito e imparziale su qualsiasi denuncia e perseguire i responsabili, la tortura è ancora oggi molto diffusa; negli ultimi cinque anni Amnesty International ha registrato casi di tortura in 141 Paesi al mondo.
“Il 23 giugno il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha rassicurato le forze di polizia che il reato di tortura non è contro di loro”, commenta Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International. “Ma mai nessuna delle organizzazioni per i diritti umani che dal 1989 chiedono che l'Italia si doti di una norma contro la tortura – continua Noury – ha sostenuto che quel reato dovesse essere usato "contro" la polizia. Piuttosto, dovrebbe essere usato per tutelare le persone dalla tortura e dare giustizia alle vittime della tortura. 
Nella stessa occasione il ministro Alfano ha detto che il reato di tortura è giusto, ci vuole. L'Italia ha assunto un preciso obbligo nel 1989, ratificando la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Se spetta al parlamento approvare finalmente, dopo quattro Legislature, il reato di tortura, è dovere di un governo dar seguito agli obblighi internazionali assunti. L'uno e l'altro, dopo 26 anni, – conclude Noury – colmino finalmente questo doloroso ritardo”.
In occasione della Giornata mondiale il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon ha inviato un messaggio nel quale si rileva che ”nonostante l’esistenza di un esauriente quadro giuridico e istituzionale per la prevenzione della tortura, questa è ancora largamente tollerata o addirittura praticata dai governi e l’impunità dei responsabili continua a persistere. L’appuntamento è quindi è un’occasione per riaffermare il diritto di tutti, uomini e donne, di viveri liberi dalla paura della tortura. Questa, così come qualsiasi forma di trattamento o punizione crudele, degradante e inumana, non ha alcuna giustificazione in nessun luogo e in nessuna circostanza”.
”Esorto tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite che non hanno ancora provveduto – continua il messaggio – a ratificare e applicare la Convenzione Onu contro la tortura e le disposizioni del Protocollo Facoltativo. Inoltre faccio appello a tutti gli Stati membri, affinché supportino le visite del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla tortura in quei luoghi dove gli individui sono deprivati della propria libertà nel loro stesso Paese e si impegnino a promuovere una maggior cooperazione per garantire il completo accesso”.
Segnaliamo sul tema:
Anahì del mare, dedicato alla dittatura in Uruguay e alla terribile repressione
L’Esecutore, sull’abolizione della pena di morte in Francia, nel 1981
Mala Dies, in cui si affronta il tema degli ospedali psichiatrici giudiziari in Italia
La trappola, un’odissea dall’Africa all’Europa
Mass Games, sulla Corea del Nord, uno Stato prigione
Uomini e belve, con testimonianze di torture dai Sud del mondo

mercoledì 24 giugno 2015

A Vercelli il mandala di riso più grande del mondo: l'importanza di questo cereale

Il rosone della basilica di San’Andrea di Vercelli si trasforma in un màndala, interamente realizzato in riso. È successo pochi giorni fa nella cittadina capitale europea per la produzione di riso, con centinaia di giovani delle scuole medie e superiori, diretti dal fotoreporter Livio Bourbon, che hanno realizzato il più grande màndala di riso al mondo, regolarmente registrato nel World Guinness Record. Il lavoro, durato tre giorni, è stato interamente filmato e trasformato in time-laps e può essere visto a questo link.
Il riso è il cereale più consumato nel nostro pianeta e per realizzare il gigantesco màndala è stata utilizzata soltanto rottura di riso, scarto della lavorazione delle riserie locali: 2000 chili di riso rosso, nero e bianco.
Il riso, secondo Giuseppe Coco, alla sua quarta prova come scrittore attento al benessere personale e del pianeta in Vegan liberi tutti. Mangia e vivi in modo sano e giusto, fa parte dei cereali maggiori e ha il vantaggio di non contenere glutine, fattore molto importante per coloro che soffrono di celiachia. Le varietà del riso e la sua versatilità ci permettono di usarlo in cucina sia per risotti che per insalate di riso. Dal riso si ottiene sia il latte di riso, dal gusto dolciastro e adatto a chi soffre di intolleranza al lattosio, che la farina di riso, ampiamente impiegata nell’alimentazione vegana.
In Vegan liberi tutti. Mangia e vivi in modo sano e giusto, Coco sottolinea come la fame sia uno dei bisogni primari dell’uomo e scegliere di mangiare in maniera consapevole e non dannosa per gli animali o l’ambiente è un passo successivo che richiede maturazione e consapevolezza. La dieta vegan, continua Coco, fa bene alla salute, favorisce la longevità e previene malattie metaboliche e patologie del benessere. Ma non deve essere solo una moda, sposare lo stile vegan rappresenta una scelta etica ed evolutiva oltre che l’unica opzione per far sopravvivere il pianeta, ridurre la disparità sociale ed evitare lo sfruttamento e la morte di esseri senzienti quali sono gli animali.

martedì 23 giugno 2015

Il grande cuore dei bosniaci: Miralem Pjanić e Srebrenica vent'anni dopo

Srebrenica, l’11 luglio del 1995. Oltre diecimila maschi tra i 12 e i 76 anni vengono catturati, torturati, uccisi e inumati in fosse di massa. Stesso destino hanno alcune giovani donne abusate dalla soldataglia. Le vittime sono bosniaci musulmani, da oltre tre anni assediati dalle forze ultranazionaliste serbo-bosniache agli ordini di Ratko Mladić e dai paramilitari serbi.
Abbiamo chiesto al calciatore della Nazionale della Bosnia Erzegovina Miralem Pjanić di parlarci dei suoi ricordi di quegli anni.
Quando è scoppiata la guerra in Bosnia avevi due anni, quando è ter­minata ne avevi cinque. Impossibile ricordare direttamente, dunque. Hai trascorso quegli anni, e quelli del dopoguerra, all’estero. Durante la tua crescita, nella tua famiglia, si parlava della guerra? In altre pa­role, quando hai “scoperto” cosa era successo nel tuo Paese durante gli anni della tua infanzia? E che impressione ti ha fatto?
Non ho ricordi della guerra, sono andato via dalla Bosnia nel 1991 e sono tornato per la prima volta nel 1996. Ricordo che i tank a distanza di anni passavano ancora in città per rassicurare la gente… Ero piccolo e impressionato, quando sono cresciuto ho appreso meglio le vicende della storia, è stata una cosa bruttissi­ma, è morta tanta gente. Mi raccontano spesso del genocidio di Srebrenica, una storia molto triste. Un giorno andrò a Srebrenica per vedere e sentire.
Hai giocato con la nazionale Under 18 del Lussemburgo e, in teoria, avresti potuto prendere cittadinanza francese (eri arrivato al Metz an­cora minorenne) e sicuramente saresti diventato una colonna di quella nazionale. Cosa ti ha spinto a giocare nella “tua” nazionale?
È vero, avevo la possibilità di giocare sia per la Francia sia per il Lussemburgo. Ma a spingermi è stato il mio cuore. Sognavo di aiutare il mio Paese a diventare calcisticamente forte come gli altri. Volevo che si parlasse bene della Bosnia. Volevo donare un sorriso alla gente. La gente bosniaca ha sofferto tanto. I calciatori sono amati e ogni volta che vengo chiamato do il massimo per vincere. Penso e spero che i tifosi possano dimenticare per qualche ora i problemi della quotidianità e divertirsi un po’, quando giochiamo.
Della nazionale della Bosnia Erzegovina fanno parte calciatori ap­partenenti alle diverse comunità del Paese. Come sono i rapporti perso­nali? Il tema di una guerra terminata meno di vent’anni fa influisce? Avete mai parlato di Srebrenica?
Lo sport unisce le persone. È così anche da noi, non c’è mai stato nessun problema. Tutti coloro che vengono a giocare per la Bosnia sono i benvenuti. L’unica cosa che conta è che vogliano il bene della Nazionale. Onestamente non parliamo troppo di quello che è accaduto. Ogni tanto ascoltiamo i racconti di qualche giocatore cresciuto in Bosnia durante la guerra. Non deve essere stato facile per loro…
La Federazione bosniaca ha mai organizzato iniziative per ricordare le vittime della guerra come per esempio visitare il memoriale di Potočari o incontrare le donne di Srebrenica? Pensi sarebbe una cosa positiva?
La Federazione deve occuparsi principalmente di calcio, ma se c’è l’occasione di aiutare la gente che ne ha bisogno, sicuramente è una cosa positiva. L’iniziativa deve partire da noi. Da parte mia, sento il desiderio di conoscere le persone che hanno vissuto tutto ciò. In futuro lo farò di sicuro.
Credi che una Nazionale che ha sicuramente un grande futuro da­vanti possa favorire la definitiva pacificazione nazionale in Bosnia Erzegovina?
Non posso saperlo. Noi in ogni caso faremo sempre il massimo per il nostro Paese, certo non è semplice andare oltre lo sport e fare di più. La cosa più importante è che la situazione si stabilizzi e che la gente abbia lavoro, che possa mangiare.
Vivendo all’estero, prima in Lussemburgo, poi in Francia e ora in Italia, che idea hai del tuo Paese e del periodo che sta attraversando?
Il mio Paese non versa sicuramente in una condizione economica come quella degli altri Paesi in cui ho vissuto, però ogni volta che torno in Bosnia noto che le cose pian piano migliorano. I bosniaci hanno un cuore grande e meritano un futuro positivo. Spero dav­vero che andrà sempre meglio. Io continuerò a fare il massimo per aiutare il mio Paese.
Il testo di Pjanić è raccolto interamente in Srebrenica. La giustizia negata, il lavoro di Riccardo Noury e Luca Leone i quali penetrano nel buco nero della guerra e del dopoguerra bosniaco e nel vuoto totale di giustizia che ha seguito il genocidio di Srebrenica, una delle pagine più nere della storia europea del Novecento e sicuramente la peggiore dalla fine della seconda guerra mondiale.

lunedì 22 giugno 2015

MICHELE CARICATO OSPITE DI LICIA COLÒ: COS’È SUCCESSO NELLA PUNTATA?

Lo scorso venerdì sera alle 19.25 Michele Caricato, cinofilo a addestratore canino, autore di Non mi piace stare solo. Come prevenire e affrontare l’ansia da separazione del nostro cane, è stato ospite di Licia Colò nel programma Animali e Animali, in onda su TV2000.

I cani, dal tempo dei tempi, sono i migliori amici dell’uomo, ma – come sottolinea il nostro autore in trasmissione – noi padroni ripaghiamo il nostro cane con la stessa moneta? Siamo sicuri di prenderci cura dei nostri pelosi e affettuosi quadrupedi al meglio e di rispettare la loro natura? Sembra scontato, ma dobbiamo ricordarci che il cane non è un essere umane e per quanto ci voglia bene e sia una creatura intelligente e che può anche salvare la nostra vita in certe occasioni, è un animale con bisogni sia fisiologici che psicologici da rispettare durante la sua “giornata di lavoro”.


Nella puntata alcuni addestratori e campioni di Agility, o meglio padroni di cani che hanno vinto tanti concorsi, il nostro autore ha introdotto il concetto di ansia da separazione del nostro cane e di come si può prevenire questo disturbo che provoca tanto dolore e sofferenza.

In Non mi piace stare solo l’autore spiega alcuni semplici passi per evitare di creare agitazione nel nostro amico a quattro zampe quando noi non ci siamo e illustra, con l’aiuto di tante immagini, alcuni esercizi da eseguire insieme al cane, in modo da creare un’unione unica e salutare, che farà vivere meglio non solo il nostro cane, ma anche noi stessi.

La conduttrice Licia Colò, una delle più note personalità da sempre impegnata nel rispetto di natura e ambiente e amica degli animali presenta il libro di Michele Caricato mostrandolo in primo piano alle telecamere e l’addestratore, per concludere il suo intervento, ha raccontato una delle sue ultime esperienze nella rieducazione di cani con problemi comportamentali.

Va in onda un breve video di un cane-paziente “in cura” da Michele Caricato con un grave problema di fiducia e di approccio alla ciotola del cibo. Grazie ad alcuni esercizi, molto simili ai percorsi di Agility illustrati in diretta durante la puntata, il nostro autore ha abituato il cane ad avvicinarsi al momento della pappa in modo più sereno, riuscendo a sfogare la frustrazione del quadrupede.

Buona visione!

lunedì 15 giugno 2015

Nuovo in libreria: Vegan liberi tutti, di Giuseppe Coco!

Infinito edizioni – nuovo in libreria

di Giuseppe Coco
prefazione di Stefano Momentè
introduzione di Annamaria Manzoni

Nutrire meglio noi stessi e il pianeta

Soddisfare la fame è uno dei bisogni primari dell’uomo e scegliere di mangiare in maniera consapevole e non dannosa per gli animali o l’ambiente è un passo successivo che richiede maturazione e consapevolezza.
La dieta vegan fa bene alla salute, favorisce la longevità e previene malattie metaboliche e patologie del benessere. Ma non deve essere solo una moda, sposare lo stile vegan rappresenta una scelta etica ed evolutiva oltre che l’unica opzione per far sopravvivere il pianeta, ridurre la disparità sociale ed evitare lo sfruttamento e la morte di esseri senzienti quali sono gli animali.
In Vegan liberi tutti troviamo sia le ragioni della scelta vegan e anche una raccolta di consigli alimentari che fanno venire l’acquolina in bocca.
“Il veganismo non è una dieta. Non è un regime alimentare restrittivo. È una visione diversa della vita, a tutto tondo”. (Stefano Momentè)
“Nella stratosferica lotta per i diritti animali, il campo dell’alimentazione è quello in cui ognuno di noi, oggi stesso, può apportare un personale e fondamentale contributo, spostando il focus dell’interesse dalla propria pancia e dalla propria testa e dal proprio cuore a quelli speculari degli altri animali. Decidendo una volta per tutte in quale mondo vogliamo vivere”. (Annamaria Manzoni)
L’autore
Giuseppe Coco, fisioterapista, consulente nutrizionale, esperto in DIet-Etica Tibetana. Appassionato di cucina grazie al Master di I livello in Alimentazione e Dietetica Vegetariana e alla formazione in Medicina Tradizionale Tibetana, ha approfondito il rapporto fra alimentazione vegana e salute. Attivista di Progetto Vivere Vegan, fa parte del comitato etico dell’Associazione Vegani Italiani; collabora con la trasmissione radiofonica Restiamo Animali; è nello staff accademico della IATTM (Accademia Internazionale di Medicina Tradizionale Tibetana) dove si occupa degli argomenti inerenti alla dieta e agli stili di vita.

giovedì 11 giugno 2015

Pane al pane su ANSA Cultura!


Pane al pane di Giovanni Soldati è stato recensito sull'ANSA Cultura da Nicoletta Tamberlich, in un bellissimo articolo che cita la prefazione di Oscar Farinetti e l'introduzione di Stefania Sandrelli.

Di seguito riportiamo un brano dell'articolo, che potrete leggere integralmente al link sottostante:

Giovanni Soldati, l'Italia del pane

40 anni dopo Vino al vino del padre Mario, un viaggio di ritorno


[ "Nel 1977 mio padre Mario Soldati, scrittore e regista, pubblicò un libro dal titolo 'Vino al vino', un viaggio d'assaggio attraverso le regioni italiane, i vigneti, i vini e i loro segreti e misteri", racconta il figlio Giovanni, regista anche lui di una trentina di film per il grande schermo e la televisione al suo attivo. Quattro decenni dopo Soldati ha "sentito forte il bisogno di cominciare un viaggio di ritorno, andando a scoprire un'altra radice comune dell'Italia: il pane.
    Un'escursione sotto forma di dialogo con alcuni artisti e personaggi dello spettacolo che considero miei cari amici e con cui ho condiviso tante importanti parti della mia vita". E' il libro Pane al Pane, una sorta di viaggio con gli amici di tutta una vita, a cominciare dalla compagna Stefania Sandrelli conosciuta sul set di Novecento di Bertolucci, Ettore Scola, Renzo Arbore, Gino Paoli, Maurizio Micheli, Nino Benvenuti, Pupi Avati, Michele Placido, Tinto Brass, Enrico Vanzina, Francesca Archibugi e Bernardo Bertolucci...]

sabato 6 giugno 2015

Tutte le nostre presentazioni di inizio giugno

Inizia giugno e continuano gli incontri con i nostri autori. Vi segnaliamo quelli dei prossimi giorni.

Tanti appuntamenti domani:inziamo segnalando agli amici di Reggio Emilia la presentazione del libro COSI' BANCHE E FINANZA CI ROVINANO LA VITA. Un lavoro agile che ci racconta delle truffe e inganni tesi dalle banche e dal sistema finanziario ai nostri danni. Ne parliamo al Centro Commerciale Ariosto, via Rodolfo Morandi 16, ore 17,00.

Doppio appuntamento domani con Alberto Bertoli e il libro COME UN UOMO, scritto insieme a Gabriele Maestri. Vi aspettiamo alle 11,00 a ROSSANO CALABRO (CS), presso la Sala Giunta, e alle 17,00 a CALOPEZZATI (CS), presso il Convento dei Riformati. Incontro con Alberto Bertoli e Fabio Pugliese.

Lunedì 8 giugno vi aspettiamo a CINISELLO BALSAMO (MI), con Emanuela Zuccalà che presenta DONNE CHE VORRESTI CONOSCERE. L'incontro si tiene nell'ambito della Festa Democratica, nella'area feste Due Ponti, alle 19,00. L'autrice dialoga con Massimiliano Castellani.

Infine gli amici di Napoli non possono perdere un incontro davvero speciale, martedì 9 giugno, anche per il valore etico e sociale legato a questo libro, la presentazione del libroRAGAZZI CON LA BANDANA. Il libro, che raccoglie la testimonianza di un'insegnante speciale, Daniela Di Fiore, che insegna alle ragazze e ai ragazzi ricoverati nel reparto di oncologia del Policlinico Gemelli di Roma, è legato al progetto La casa a colori di A.G. O. P. onlus. Vi aspettiamo al Palazzo San Teodoro, Riviera di Chiaja 281, ore 18,00. Partecipano Daniela Di Fiore e Roberto Ormanni, modera Enzo Colimoro, letture a cura di Marianna Liguori.

venerdì 5 giugno 2015

OPERAZIONE FUORI TUTTO: FUORI GRANDANGOLO!

Dopo il grande successo della grande Operazione Fuori Tutto dello scorso weekend, dedicata alla collana iSaggi, questa volta tocca ai classici della collana GrandAngolo in promozione a solo € 3,33! L’Operazione Fuori Tutto nasce per rispondere alla domanda di alcuni lettori: “Ma dei libri più vecchi, che cosa fate? Li macerate?”. Nel corso della nostra ormai non brevissima storia, di titoli ne abbiamo macerati veramente pochi e quando è successo questo ha riguardato soprattutto errori di calcolo di tiratura. Macerare fa male al cuore, quindi si cerca di evitare.
Avendo però oramai superato abbondantemente i duecento titoli in catalogo, è vero che il magazzino scoppia e che ogni anno ci tocca pagare una delle tante tasse odiose legate a questo problema, ovvero l’Iva su ciò che abbiamo fermo in magazzino. Da qui l’idea dell’Operazione Fuori Tutto, con promozioni incredibili a rotazione su tutte le collane.
Salvate un libro dal macero, un piccolo gesto per una grande azione!
I titoli di questa prima promozione (tutti in home page):

-          MONNEZZA
-          QUESTO MONDO UN PO’ SGUALCITO
-          SULLA STRADA CON…
-          A LAMPEDUSA
-          LA BOMBA DI FIRENZE
-          IL DIRITTO DI CAMBIARE
-          LA PRIMAVERA EGIZIANA
-          IL CASO DUEPIU’
-          ARCIPELAGO CIE
-          IL VIAGGIATORE RESPONSABILE

Se i libri venduti a prezzo di costo possono attirare la vostra attenzione, sappiate che si tratta di titoli ottimi, molti dei quali molto venduti in passato. Quindi libri di prima qualità, nuovi.

Approfittatene! Buona lettura e alla prossima settimana!

Giornata mondiale dell'Ambiente: le nostre foto!


E come promesso ecco le nostre foto per la Giornata mondiale dell’Ambiente. Stamattina siamo venuti a lavorare in bicicletta, per non inquinare e rispettare la natura, gli animali e perché no, anche noi stessi, migliorando anche la nostra salute. Che ne dite del nostro fantastico team?

Abbiamo documentato il percorso da casa al lavoro passando a fianco della bellissima campagna emiliana che ci circonda.

Anche il nostro Artù, che ogni giorno diventa sempre più gigantesco, si è unito a noi nei festeggiamenti per questa giornata, che in effeti è anche per lui. 
E ora un po' di informazioni sul perché di questa ricorrenza.
La giornata mondiale dell’Ambiente (World Environment Day), si festeggia il 5 giugno ed è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a partire dal 1975.
Il 2015 è l’anno dell’Expo e proprio questa grande manifestazione ospiterà le celebrazioni della giornata istituita dall’Onu ponendo l’accento su come stiamo trattando le risorse della Terra: la popolazione mondiale, infatti, consuma energie che equivalgono a 1,5 pianeti. Se non ci daremo un limite basterà arrivare nel 2030, tra quindici anni appena, per consumare risorse per ben 2 pianeti.

In questa giornata rinnoviamo la nostra attenzione e amore per l’ambiente. Come suggerito dal tema di quest’anno Sette miliardi di sogni. Un Pianeta. Consumare con moderazione, dal sito ufficiale Onu Expo Milano 2015 giriamo anche ai nostri lettori questa sfida: cosa possiamo fare, tutti i giorni, per moderare e ottimizzare i consumi e rispettare natura e animali? È possibile registrare la propria attività, divulgando un’idea originale, a questo link, hashtag di riferimento #7BillionDreams.


Infinito edizioni ricorda come una giusta e consapevole alimentazione, nel rispetto della natura, evitando sprechi e inutile consumi, possa aiutare il mondo a salvare l’Ambiente. Consigliamo la lettura dei titoli della nostra Collana Benessere, in particolare le novità Vegan Liberi Tutti, di Giuseppe Coco, per un’alimentazione sana e consapevole nel rispetto di tutti gli esseri viventi e Non mi piace stare solo, di Michele Caricato, per imparare ad amare ancora di più i nostri amici a quattro zampe.
Buona lettura e buona giornata per l'Ambiente da Luca, Maria Cecilia, Elisabetta e Artù!


giovedì 4 giugno 2015

“La pace sia con voi”: la visita di papa Francesco a Sarajevo

È la riconciliazione il tema centrale del viaggio che porterà sabato 6 giugno papa Francesco a Sarajevo, cuore e capitale della Bosnia Erzegovina ferita nell’animo dalla guerra successiva alla dissoluzione della ex Jugoslavia.
Riconciliazione, normalità e futuro sono i desideri delle donne e degli uomini di Sarajevo che sulla loro pelle hanno pagato le conseguenze di una guerra con un assedio di oltre 1.350 giorni, 44 mesi, e che a vent’anni dal silenzio delle armi fanno ogni giorno i conti con quelli che sono, a livello nazionale e internazionale, I bastardi di Sarajevo. Il romanzo di Luca Leone presenta una città diversa da quella che vedono i turisti, una città animata da protagonisti spregiudicati e da vittime che soffrono in silenzio, giovani che manifestano per il loro futuro e un anziano e saggio Professore. Ognuno di loro ci porta nel suo cuore e ci fa conoscere i suoi Bastardi di Sarajevo

“Papa Francesco, con il suo messaggio di pace, va a infilarsi in un ginepraio politico tra i più fitti e pericolosi che ci siano in Europa. – è il commento di Leone – È indubbio il coraggio del Pontefice ed è evidente come quello che arriva dal Vaticano sia un importante messaggio di pace e di riconciliazione. Sarebbe potuto arrivare prima, ma si sa che purtroppo la diplomazia segue i suoi canali. Piuttosto preme sottolineare come, al di là del viaggio apostolico di papa Francesco, molto altro bolla in pentola, per quanto nelle ultime settimane abbiamo assistito a una vera e propria corsa al diniego. Gli argomenti all’ordine del giorno della diplomazia vaticana sono parecchi: la richiesta di terza Entità da parte della componente nazionale croato-bosniaca, il che la porterebbe a separarsi dalla componente musulmana, rendendo ancora più ingovernabile il Paese transgenico inventato di sana pianta a Dayton nel novembre 1995; le infiltrazioni crescenti e preoccupanti del mondo turco e saudita – dunque del sunnismo – nell’Entità della Federazione di Bosnia Erzegovina, e di quello russo ortodosso nell’Entità della Repubblica serba di Bosnia; la questione scottante del luna park della fede denominato Muđugorje e dei pessimi rapporti tra i locali francescani e la curia di Mostar, elementi che creano grande disagio in Vaticano e hanno più volte indotto a serie riflessioni papa Francesco (che, non a caso, più volte riferendosi a Muđugorje ha parlato di ‘Madonna postina’). Queste sono tutte questioni aperte che la diplomazia vaticana affronterà nelle stanze del potere sarajevese, mentre il Papa incontrerà la gente per la strada. Qualsiasi decisione sarà presa, il timore è che non sarà in linea con il tratto rivoluzionario di questo Papa coraggioso. È un rischio serio. Staremo a vedere. Quel che posso testimoniare in prima persona, essendo da poco rientrato da Sarajevo, è che i bosniaci hanno paura. Temono che a Sarajevo possa accadere qualcosa a questo bravo Papa e pregano ogni giorno affinché non accada. Speriamo che Francesco torni vivo e vegeto da Sarajevo e che la sua visita possa finalmente sbloccare un Paese vittima della corruzione più estrema e diffusa. Sul primo punto non ho dubbi. Sul secondo, onestamente, ne nutro molti…”, conclude l’autore, tra gli altri libri, de I bastardi di Sarajevo.

“Non è un giallo, quello di Leone. Il colore dominante de I bastardi di Sarajevo è il nero: non solo come genere letterario noir, quanto soprattutto come colore dell’umore del presente e prospettiva del futuro. La Sarajevo che Leone descrive è una Sarajevo ancora sotto assedio”. (Riccardo Noury)

“Al termine della lettura di questo libro, resta ancora uno spiraglio di luce per la disgraziata umanità bosniaca che, comunque, continua a resistere”. (Eldina Pleho)

L’autore
Luca Leone, giornalista professionista, è nato il 20 agosto 1970 ad Albano Laziale (Roma).
Ha scritto o scrive, tra gli altri, per Liberazione, Avvenimenti, Internazionale, Modus Vivendi, Il Venerdì di Repubblica, Popoli e Missione, Medici Senza Frontiere, Galatea, Vita, Misna.
Ha pubblicato:
- Infanzia negata, Prospettiva edizioni, Roma, 2003;
- Il fantasma in Europa. La Bosnia del dopo Dayton tra decadenza e ipotesi di sviluppo, Il Segno dei Gabrielli, Verona, 2004;
- Anatomia di un fallimento. Centri di permanenza temporanea e assistenza (a cura di), Sinnos editore, Roma, 2004;
- 
Srebrenica. I giorni della vergogna, Infinito edizioni, 2005 (quattro edizioni, 2005-2011);
- 
Il prode Ildebrando e la bella Beotonta, Infinito edizioni, 2005;
- 
Sotto il Mattone. L'avventura di cercare casa, Infinito edizioni, 2007;
- 
Uomini e belve. Storie dai Sud del mondo, Infinito edizioni, 2008;
- 100 ottime ragioni per non amare Roma, Infinito edizioni, 2010;
- Enzo, Infinito edizioni, 2010;
- Bosnia Express, Infinito edizioni (tre edizioni), 2010;
- Saluti da Sarajevo, Infinito edizioni, 2011;
- Mister sei miliardi, Infinito edizioni, 2012;
- Fare Editoria, Infinito edizioni, 2013;
- 
Le avventure dell'Agente Zero Zero Meh, Infinito edizioni, 2013 (solo digitale);
- 
I bastardi di Sarajevo, Infinito edizioni, 2014;
- Srebrenica. La giustizia negata (con Riccardo Noury), Infinito edizioni, 2015.

Palma Lavecchia su La27Ora

Palma Lavecchia, Capitano dei Carabinieri e autrice di Mi chiamo Beba. Se un uomo ti picchia non è mai per amore, è stata intervistata da Corinna De Cesare su Radio27, la voce del noto blog La27Ora del Corriere della Sera.

La nostra autrice ha raccontato di Benedetta e della storia che prende vita nel suo libro: una storia di violenza sulle donne e di come si può dire no e trovare la forza per rifarsi una vita, pe ricominciare da capo. Forte della sua esperienza sul campo, Palma ha creato una storia semplice, in cui le donne vittime di violenza potessero riconoscersi e trovare il coraggio di denunciare i maltrattanti, che spesso, anzi nella maggior parte dei casi, hanno le chiavi di casa. Personaggi autentici, a cui si è ispirata l'autrice, sono le due assistenti sociali, Paola e Martina, figure chiave per casi difficili da trattare, come quello della protagonista. La storia, a differenza di quanto succede nella realtà - basta leggere i titoli dei giornali ogni giorno per trovare casi di violenza e femminicidio - ha un lieto fine. Benedetta diventa Beba e, con un nuovo nome e un nuovo inizio, riuscirà a dare a suo figlio Mattia la vita che ogni bambino desidera, circondato da persone che lo amano e che lo rendono felice.

A questo link è possibile ascoltare il radiopost di Palma Lavecchia. Cliccando qui, invece, potrete visionare l'articolo su La27Ora.

Buon ascolto e buona lettura, ricordando, come dice il sottotitolo del libro, che #seunuomotipicchianonèmaiperamore.


mercoledì 3 giugno 2015

Per chi se lo fosse perso: Pane al pane a Eataly!

Venerdì 29 maggio grande evento a Eataly smeraldo con Pane al pane, di Giovanni Soldati. Riportiamo l'articolo del nostro reporter in presa diretta Luca Leone, questa volta non nei panni di editore e scrittore ma di curatore del libro.

Dal blog Occhio critico, di Luca Leone:


"Quello di venerdì 29 maggio è stato un pomeriggio veramente speciale per il nostro Pane al pane, il suo autore Giovanni Soldati e chi scrive, stavolta nelle vesti non di autore ma di editore (cosa abbastanza rara, perché ho sempre pensato e continuo a pensare che l’editore abbia il ruolo di Lele Oriali nei Mondiali del 1982, ovvero correre correre correre facendosi scoppiare i polmoni, mettendo gli altri, ovvero gli autori, nella condizione di fare goal, ma con qualità oltre che con quantità).

Ho avuto il piacere di partecipare a un frizzante dibattito con, come potete vedere nella foto di Nadia Ravioli, Oscar Farinetti, Giovanni Soldati, Stefania Sandrelli e Sandro Bottega. Tra tanti Grandi non mi sono sentito troppo piccolo, ma lo sono e in parte ne sono anche contento. Un ringraziamento particolare va a Farinetti e a tutto il personale, splendido e cordiale, di Eataly Milano: ragazze e ragazzi brillanti, veri professionisti. E a Sandro Bottega, che ha letteralmente inondato Eataly Milano con il suo vino di qualità superiore, e lo ha fatto con grande generosità. Un ringraziamento speciale va a Stefania Sandrelli, alla sua grande umanità e disponibilità, che non la rendono affatto una Vip ma, al contrario, una splendida persona alla mano, capace di ascoltare e di raccontarsi. Un grazie speciale a Giovanni Soldati, alla sua generosità e alla sua amicizia, oltre che all’eccezionale press agent Saverio Ferragina e al grande fotografo Angelo Caligaris, che ha firmato le foto di Pane al pane e ci ha onorati della sua presenza. Angelo, non a caso definito da Giovanni 'Omone', d’altronde per dimensioni, sia fisiche che professionali, è uno che non si può non notare.

Il pubblico è stato quello delle grandi occasioni, numeroso, frizzante, partecipativo, accogliente. Ci sarebbe stato, tra aneddoti e battute, da andare avanti fino a notte fonda.
Durante il rinfresco, di eccezionale qualità, offerto gentilmente da quell’ospite cordiale e perfetto che è Oscar Farinetti, siamo stati inoltre premiati dal saluto di Gianna Nannini, in visita a Eataly per promuovere il suo nuovo disco. Giovanni ha voluto omaggiare Gianna di una copia di Pane al pane. Nella foto che vedete qui è in compagnia di Giovanni, Stefania e Sandro Bottega.
È stata una serata di grande convivialità e generosità. Una bellissima serata in un luogo splendido, popolato di lavoratori di grande professionalità, ai quali va tutta la nostra stima e riconoscenza per averci fatto sentire tutti, insieme a Oscar, a casa nostra per molte ore.
Così è Pane al pane, libro che ho avuto il piacere e l’onore di curare nella sua stesura assieme a Giovanni Soldati: un libro conviviale, caldo, da leggere in un morso restando, una volta sfogliata l’ultima pagina, con un sapere piacevole e fragrante in bocca.

Ve lo consiglio, da curatore ed editore, e sono certo che non potrete non gradirlo, in un sol boccone!".