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martedì 7 luglio 2015

"Vent’anni dopo Srebrenica, ancora “scomparsi” in Bosnia", Paolo Pignocchi per #MeseDellaMemoria/05

Vent’anni dopo Srebrenica, ancora “scomparsi” in Bosnia
Di nuovo un anniversario, di nuovo il dovere morale di ricordare affinché questo non accada più; di nuovo eventi da organizzare per coinvolgere la distratta opinione pubblica. A vent’anni dal genocidio come raccontarlo oggi che la memoria sfuma, come rendere attuale e rivivere quelle ferite, quegli scomparsi che il mondo dimentica così facilmente?
Come?
Per noi è una ferita aperta che solo il completamento del percorso della giustizia nei confronti dei colpevoli riuscirà a lenire. È una ferita che si apre ogni anno, come una questione mai risolta. Guardo il mare dalla finestra e penso che è lo stesso mare, un piccolo mare, attraverso il quale si arriva in Bosnia, che divide noi da loro, il nostro dolore da quello eterno delle madri e figlie di Srebrenica, dalle nostre colpe. Un piccolo tratto d’acqua che non ci ha permesso di fermare questo e altri genocidi.
Le famiglie delle oltre 8.000 persone uccise nel genocidio di Srebrenica attendono ancora giustizia e riparazione, mentre presunti responsabili continuano a vivere nelle stesse comunità delle loro vittime e dei loro familiari. In Bosnia Erzegovina, questo è un momento molto sentito  per commemorare le vittime del genocidio, ma anche tutti coloro che furono uccisi e che scomparvero durante la guerra in Bosnia del 1992-‘95. Una risoluzione del Parlamento Europeo ha sancito ufficialmente l’11 luglio come Giornata di Commemorazione del genocidio in tutta l'Unione europea.
Fra il 10 e l’11 luglio 1995, sul finire della guerra in Bosnia Erzegovina, le forze serbo-bosniache attaccarono l'enclave di Srebrenica, dichiarata "zona protetta" dalle Nazioni unite in cui migliaia di musulmani bosniaci avevano trovato rifugio. Dopo la presa di Srebrenica, i militari separarono dal resto della popolazione per poi uccidere deliberatamente almeno 8.000 uomini e ragazzi bosniaco-musulmani (le stime ufficiali parlano di 8.372), seppelliti in fosse comuni sparse per centinaia di chilometri; molti di questi corpi non sono ancora stati ritrovati.
Quanto successo a Srebrenica vent’anni fa è stato descritto come la peggiore atrocità commessa in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale ed è stato riconosciuto come genocidio dal Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia e dalla Corte Internazionale di Giustizia. 
Alcuni dei responsabili dei crimini commessi a Srebrenica, compresi l’ex leader serbo bosniaco Radovan Karadzic e il generale serbo bosniaco Ratko Mladic, sono comparsi davanti al Tribunale per rispondere delle accuse a loro rivolte. La mancanza di “volontà politica” – dichiarò Carla Del Ponte, ex Procuratore Capo del Tribunale per i Crimini di guerra nella ex Jugoslavia, – non ha permesso di arrestarli molto tempo prima. La Corte di Stato della Bosnia Erzegovina continua a perseguire i crimini di diritto internazionale commessi durante la guerra. Tuttavia, gli attacchi verbali contro il sistema giudiziario e la negazione di questi crimini, compreso il genocidio di Srebrenica, da parte di politici del Paese e intellettuali, minano gli sforzi per indagare e perseguire i presunti autori di questi reati e continuano a vanificare il diritto delle vittime alla giustizia, alla verità e alla riparazione. 
La guerra si concluse quasi vent’anni fa nel dicembre 1995 ma, secondo gli ultimi dati, oltre 8.000 persone sono ancora disperse nel Paese, dalla fine della guerra. Ciò equivale a un’"altra" Srebrenica. Il destino e la sorte di queste persone scomparse, non è stato chiarito, e i loro familiari non hanno avuto accesso alla verità, alla giustizia e alla riparazione.
Una legge sulle persone “scomparse” in Bosnia Erzegovina è stata adottata nell’ottobre 2004, nulla però è stato fatto fatto per dare seguito al provvedimento. Chiediamo che la Bosnia Erzegovina non interrompa la ricerca e l’identificazione delle persone scomparse in tutto il territorio nazionale. La legge del 2004 riconosce i diritti sociali ed economici delle famiglie delle persone scomparse e obbliga lo Stato a creare un Fondo per il sostegno delle famiglie degli scomparsi. Il Fondo avrebbe dovuto essere attivo entro 30 giorni dalla legge entrata in vigore nel 2004.
Nel marzo 2012, la Bosnia Erzegovina ha ratificato la Convenzione Internazionale per la protezione di tutte le persone dalle “sparizioni forzate”. Nell’agosto 2014, la Bosnia Erzegovina ha firmato una dichiarazione evidenziando la responsabilità delle autorità statali per affrontare il problema degli scomparsi e la necessità di garantire che i meccanismi e i metodi utilizzati siano conformi alle norme sui diritti umani. Al di là delle dichiarazioni politiche e della ratifica della Convenzione Internazionale, lo Stato della BiH ha omesso di fornire misure concrete per alleviare il dolore e la sofferenza delle vittime.
Gli attivisti e le attiviste di Amnesty International non dimenticano e continueranno a ricordare a tutti che solo la fine dell’impunità e il riconoscimento delle violazioni subite possono assicurare una pace vera. Nei giorni del 10 e 11 luglio, in particolare tutto il mondo di Amnesty, insieme a chi vorrà farlo insieme a noi ricorderà i morti di Srebrenica con veglie, flashmob, eventi in ricordo.

Paolo Pignocchi
Amnesty International Sezione Italiana
Vice-Presidente