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lunedì 31 ottobre 2016

1 novembre, World Vegan Day

Il 1 novembre si festeggia la Giornata Mondiale Vegan: questa data ricorda l’anniversario della coniazione del termine vegan e della fondazione nel Regno Unito della Vegan Society nel 1944, di cui era promotore l’attivista inglese Donald Watson.
Il veganismo è considerato una filosofia di vita basata sul rifiuto di ogni sfruttamento animale, non solo nel cibo, ma anche per quanto riguarda abbigliamento, spettacolo, sperimentazione e caccia.
In particolare, la dieta vegana differisce da quella vegetariana in quanto non solo esclude le carni, ma anche ogni prodotto di provenienza animale, come latte e derivati, uova e miele. Gli alimenti ammessi sono cereali, legumi, verdura, frutta, alghe e funghi.

Si possono riassumere i principi e i benefici principali del veganismo in tre parti: l’etica per la salvaguardia della sofferenza animale, la preservazione dell’ambiente, con il risparmio del 90% delle risorse per la produzione di cibo e diminuzione dell’inquinamento; infine l’aspetto nutrizionale e salutare, poiché una dieta vegana aiuta a curare e a prevenire alcune delle malattie che hanno maggiori percentuali di morte nei Paesi industrializzati, come patologie cardiovascolari, cancro e obesità.

Dolcetto o scherzetto?

L’origine della festa di Halloween unisce tradizioni della Chiesa cattolica e riti precedenti, soprattutto del mondo anglosassone. Infatti, secondo varie fonti, il termine Halloween sarebbe la contrazione della frase "All Hallows Eve" ovvero la notte di Ognissanti festeggiata il 31 ottobre.

Narra la leggenda, riportata dal sito www.halloween.it, che gli spiriti di chi è morto durante l'anno, prima di andare definitivamente nell’aldilà, tornino nel mondo dei vivi la notte del 31 ottobre in cerca di un corpo da possedere per l'anno successivo.
I Celti credevano che in questa magica notte tutte le leggi fisiche che regolano lo spazio e il tempo venissero sospese, rendendo possibile la fusione del mondo reale e dell'aldilà.
Per questo motivo si usava rendere le case fredde e indesiderabili spegnendo i fuochi nei camini e travestirsi da mostri andando tra le case per far scappare gli spiriti.

La tradizione di “dolcetto o scherzetto” (in inglese "trick-or-treat"), sembra che abbia origine non dai Celti ma da una pratica europea del nono secolo d.C. chiamata in inglese "souling" che significa qualcosa come "elemosinare anima".
Il 2 novembre i primi Cristiani vagavano tra i villaggi elemosinando per un po’ di "pane d'anima" dolce di forma quadrata con l'uva passa. Più dolci ricevevano più preghiere promettevano per i parenti defunti dei donatori.
A quell'epoca si credeva che i morti rimanessero nel limbo per un certo periodo dopo la morte e che le preghiere anche fatte da estranei potessero rendere più veloce il passaggio in paradiso.

Infine i colori che vengono usati per ricordare Halloween sono l’arancione e il nero, questo perché secondo il calendario celtico il 31 ottobre cadeva anche la fine dell'estate, e questo veniva rappresentato con l'arancio che ricorda la mietitura e la fine dell'estate mentre il nero simboleggia l'imminente buio dell'inverno.


domenica 23 ottobre 2016

I misteri di #Caporetto con Daniele Zanon

Che cosa è successo esattamente a Caporetto, il 24 ottobre 1917? Quel che si dice è che l’esercito italiano, impreparato a una guerra difensiva e duramente provato dalle precedenti undici battaglie dell’Isonzo, non resse lo sfondamento austriaco. E fu la disfatta.
In realtà, alcuni giorni prima di quel fatidico disastro uno o più disertori dell’esercito austriaco fornirono i dettagli del piano d’attacco austriaco allo stato maggiore italiano. Ma quelle informazioni non furono prese in considerazione dal generale Luigi Cadorna e dagli altri ufficiali italiani. Parte di quel che accadde dalle 2,00 della notte del 24 ottobre 1917 è ancora oggi avvolto nel mistero. Lì però c’erano dei testimoni. Tra cui Nina, una ragazzina di 17 anni. Che racconta la sua versione in Nina nella Grande Guerra che non è semplicemente un romanzo, ma è un pezzo fondamentale della storia d’Italia.

“Questo libro è un thriller caleidoscopico sospeso tra storia e memoria”. (Dario Ricci)

mercoledì 19 ottobre 2016

Pillole di storia, la liberazione di Belgrado 20-21 ottobre 1944

Ripercorriamo i giorni della liberazione di Belgrado con la ricostruzione a cura del nostro autore Bruno Maran in Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti.

“Così il colonnello partigiano Jovan Vujosević descrive il ruolo dei combattenti italiani: ”Gli infaticabili garibaldini giunsero a metà ottobre alle falde del monte Avala, alla periferia della capitale; erano circa cinquecento i combattenti anti-fascisti italiani.
Poco prima di giungere davanti a Belgrado osservavo la colonna in marcia: per le loro qualità morali e combattive, per armamento e ritmo nella marcia, per l’entusiasmo erano combattenti degni d’ammirazione. I battaglioni italiani si aprirono la strada combattendo dall’Avala all’Autocentro, dalla piazza Slavija alla via Kralj Milan, dalla via Četinješka alla Casa del soldato. 
Il battaglione Garibaldi operò sul centro e il Matteotti verso la vecchia centrale elettrica. Dopo due giorni di battaglie di strada i compagni italiani avevano già strappato importanti posizioni ai tedeschi. Via via che si occupavano le parti della città, altri volontari si univano ai due battaglioni: erano italiani che si liberavano dalla prigionia dei tedeschi. I compagni italiani tennero testa per giorni al violento fuoco nemico”.
Così il colonnello partigiano Jovan Vujosević descrive il ruolo dei combattenti del monte Avala, alla periferia della capitale; erano circa cinquecento i combattenti anti-fascisti italiani.

Per saperne di più consigliamo la lettura di Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti che ripercorre gli ultimi decenni della storia jugoslava, anno per anno, giorno per giorno.

martedì 11 ottobre 2016

#OroAzzurro, Atene 1896

“5 aprile 1896: davanti ai 70.000 spettatori assiepati nello stadio Panathinaiko di Atene, il braciere olimpico torna ad ardere. Il sogno del barone francese Pierre de Cou­bertin s’avvera, 1.503 anni dopo l’editto di Teodosio, impera­tore di Bisanzio che aveva messo al bando tutti i Giochi pagani a partire proprio da quelli di Olimpia, su esplicita richiesta di Ambrogio, vescovo di Milano. Si gareggia dal 6 al 15 aprile, 245 gli atleti (nessuna donna!) e 13 i Paesi rappresentati, seb­bene non esistano ancora le rappresentative nazionali.
I tedeschi Weingärtner (6 medaglie, di cui 3 ori, nella ginna­stica) e Schuhmann (4 ori tra ginnastica e lotta più un bronzo nei pesi) sono gli atleti più medagliati, nell’edizione segnata dalla prima maratona della storia, che vede il trionfo dell’eroe di casa Spyridon Louis, venditore d’acqua della vicina cittadi­na di Maroussi. A quella maratona avrebbe voluto prendere parte l’italiano Carlo Airoldi, arrivato ad Atene a piedi! Ma un premio di 2.000 pesetas ricevuto pochi mesi prima per la vittoria nella Torino-Barcellona del 1895 gli vale il ricono­scimento di “professionista” e ne causa l’esclusione. Ma un italiano in gara, la cui partecipazione verrà attestata solo anni dopo, e solo grazie all’impegno dei più valenti storici dell’o­limpismo, c’è: si chiama Giuseppe Rivabella, alessandrino, ingegnere titolare di un’importante impresa edile in Grecia, dove al momento dei Giochi vive già da tempo, tanto da essere sposato con una donna del luogo. L’8 aprile partecipa alla gara di tiro, senza però accedere alla finale del giorno successivo. Morirà poi in Italia nel 1913. La sua partecipazione è il primo “oro” della storia italiana alle Olimpiadi”.

Emozioni, sudore e gioia: questo è Oro Azzurro. Da Atene 1896 a Rio 2016, tutta l’Italia che ha vinto alle Olimpiadi estive, novità scritta a quattro mani dai giornalisti Dario Ricci e Carlo Santi. Oro Azzurro raccoglie le storie degli eroi dello sport italiano che dal lontano 1896 di Atene alla recentissima Rio de Janeiro hanno trionfato singolarmente e a squadre portando in vetta al mondo il Tricolore. Dal primo oro, nell’ippica con il conte Giovanni Giorgio Trissino, continuando con grandissimi campioni olimpionici come Nedo Nadi, Livio Berruti, Gelindo Bordin, Stefano Baldini, Gabriella Dorio, Sara Simeoni, i fratelli Abbagnale, Pietro Mennea, Giovanna Trillini, Federica Pellegrini, fino Fabio Basile (oro numero 200), Niccolò Campriani, Chiara Cainero, Jessica Rossi e tutti gli altri magnifici campioni italiani.

Nelle 207 medaglie d’oro, che gelosamente custodiamo, c’è la storia di tutta l’Italia dello sport. Ci sono i protagonisti di un’antologia straordinaria: dal Gian Giorgio Trissino che è stato il primo olimpionico italiano, a Ondina Valla, la prima donna con l’oro olimpico al collo nel ‘36 ai Giochi di Berlino. E tutti, davvero tutti, hanno un posto speciale nel nostro cuore”. (Giovanni Malagò

Abbiamo raggiunto, e poi superato, il traguardo della medaglia d’oro numero 200: questo risultato ci riempie di orgoglio; siamo a quota 207 di una storia importante, fatta di campionesse e campioni di grandissimo livello, una storia che comincia nel 1900 e che da allora non si è mai interrotta”. (Luca Cordero di Montezemolo)

lunedì 10 ottobre 2016

#10ottobre, Giornata mondiale contro la pena di morte e per la salute mentale

Il 10 ottobre è una data importante nell’elenco delle ricorrenze da celebrare, infatti in questo giorno cadono due eventi significativi.
Il primo è la Giornata Mondiale contro la pena di morte, che ha iniziato a essere ricordata nel 2003. L'evento venne promosso dalla Coalizione Mondiale Contro la Pena di Morte, che riunisce organizzazioni non governative internazionali, ordini degli avvocati, sindacati e governi locali di tutto il mondo.
Nel nostro Paese l’abolizione della pena di morte era stata prevista già nel 1889 durante il Regno d’Italia, ma la pena capitale fu poi reintrodotta sotto il regime fascista. L’ultima esecuzione avvenne nel 1947, e la pena di morte fu abolita dalla Costituzione nel 1948 e, soltanto nel 1994, anche dal codice militare. Il nostro Paese, comunque, non è il fanalino di coda in Europa: la Città del Vaticano la rimuove dalla Legge fondamentale soltanto nel 2001, mentre la Francia la abolisce nel 1981, ma la esclude esplicitamente dalla Costituzione nei primi mesi del 2007. Il motivo di tale intervento ha lo scopo di rendere più difficile un suo eventuale reinserimento nel codice penale: infatti il leader di estrema destra Jean Marie Le Pen aveva proposto di reintegrarla sia nel 1994, a seguito di gravi fatti di sangue e nel 2004 per gli atti terroristici.

Attualmente la pena capitale è ancora applicata in 68 Paesi al mondo: ci sono diverse associazioni che lottano contro l’abolizione totale, tra le prime Amnesty International, che ha patrocinato il lavoro, composto da un libro e un dvd di e con Marco Cortesi dal titolo L’Esecutore. Ancora sul tema della pena di morte segnaliamo il Rapporto 2015-2016. La situazione dei Diritti Umani nel mondo, in cui Amnesty International documenta la situazione dei diritti umani in 160 Paesi e territori durante il 2015, segnalando quei Paesi dove è ancora in vigore o dove è stata recentemente introdotta per punire dei reati.

Il 10 ottobre si ricorda anche la Giornata mondiale per la salute mentale, appuntamento attraverso il quale l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) intende sensibilizzare sui diritti, le cure, l’integrazione delle persone con disagi psichici.
Nel mondo attualmente migliaia di persone con problemi legati alla propria salute mentale vivono in condizioni di privazione, di stigmatizzazione e sono soggette ad abusi fisici ed emotivi. È su questi allarmi che si concentra quindi l’Oms invitando istituzioni e società a impegnarsi nel diritto e in politiche attive e che comportino rispetto e inclusione.

Su questo argomento segnaliamo la lettura dell’attualissimo libro di Angelo Lallo dal titolo Mala Dies. L'inferno degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle istituzioni totali in Italia

giovedì 6 ottobre 2016

#Ambiente, il Parlamento europeo ratifica l’Accordo di Parigi

Una notizia positiva: in meno di 12 mesi è entrato in vigore l’accordo globale sul clima firmato a Parigi lo scorso 12 dicembre. Con il voto favorevole del Parlamento europeo l’accordo ha raggiunto infatti la soglia di ratifiche che consente la sua entrata in vigore.
Oggi "abbiamo varcato la prima soglia per l'entrata in vigore, – ha commentato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel suo intervento alle Nazioni Unite – dobbiamo essere uniti e coesi di fronte a questa sfida, abbiamo l'opportunità di un futuro più giusto ed equo per una terra più sana e sicura".
L’Accordo di Parigi prevede la riduzione della produzione di ossido di carbonio dei Paesi aderenti "il più presto possibile" e l’impegno degli stessi Paesi di fare del loro meglio per mantenere il riscaldamento globale "ben al di sotto di 2 °C" in più rispetto ai livelli pre-industriali.
Per ratificare il protocollo di Kyoto del 1997 – che impegnava solo i Paesi industrializzati a tagliare le emissioni di CO2 – ci sono voluti più di sette anni; questa volta ne è bastato meno di uno. Perché l'accordo entrasse in vigore erano necessarie le ratifiche di almeno 55 Paesi responsabili di almeno il 55% delle emissioni globali. Fino a ieri lo avevano fatto 62 Paesi responsabili del 51,89% delle emissioni globali. Con il sì dell'Unione europea, il cui peso rappresenta il 12% dei gas serra, la soglia è stata superata.

Con l'entrata in vigore dell'accordo di Parigi si apre ora un nuovo capitolo, tutto in divenire. L'intesa raggiunta sta già portando a modifiche radicali del sistema produttivo e dell'organizzazione delle città. Ma tra gli obiettivi di Parigi e le misure finora decise dagli Stati c'è una distanza enorme, gli impegni non sono sufficienti. Per mettere in sicurezza l'atmosfera occorrerà raddoppiare gli sforzi, credendoci davvero tutti.

Segnaliamo su questo tema la lettura del libro di Andrea Merusi dal titolo “La sfida di oggi. Il cambiamento climatico e il rapporto tra uomo e natura

martedì 4 ottobre 2016

4 ottobre, Giornata mondiale degli animali

Oggi, 4 ottobre, si celebra la Giornata mondiale degli animali. Una ricorrenza importante istituita con l’intento di portare all’attenzione pubblica la condizione di alcune specie minacciate dall’uomo. Un omaggio speciale che cade in una data altrettanto speciale, il giorno di San Francesco d’Assisi, santo protettore degli animali.
La Giornata mondiale degli animali si pone lo scopo di elevare lo status di tutte le creature con cui condividiamo il Pianeta, di promuoverne la cultura del rispetto, della cura, del bisogno. Perché senza gli animali l’intera esistenza umana sarebbe spoglia, parca di quei più alti valori che discendono, e fanno parte, dell’amore.
Per tutti gli amici degli animali segnaliamo la lettura di questi libri:
Non mi piace stare solo, di Michele Caricato

Fusa e parole, di Lucilio Santoni

lunedì 3 ottobre 2016

3 ottobre, Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'immigrazione

Si celebra quest’anno, per la prima volta, il 3 ottobre la Giornata nazionale in memoria della vittime dell’immigrazione. La ricorrenza, stabilita per ricordare chi "ha perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria", nasce nel solco di una delle peggiori stragi mai accadute sulle cose italiane, quella che al largo di Lampedusa, il 3 ottobre 2013, appunto, vide morire ben 366 migranti.
In occasione della Giornata nazionale, stabilisce l'articolo 2, sono organizzati su tutto il territorio nazionale cerimonie, iniziative e incontri per sensibilizzare l'opinione pubblica alla solidarietà civile, al rispetto della dignità umana e del valore della vita, all'integrazione e all'accoglienza. Sugli stessi temi le istituzioni, nei propri ambiti di competenza, promuovono iniziative nelle scuole, anche in coordinamento con associazioni e organismi di settore.

Ricordiamo le vittime dell’immigrazione grazie a un passo del libro autobiografico di Clariste Soh-Moubé dal titolo “
La trappola

Eccoli ancora a contarci con quel loro bastone che mi sfiorava la schiena.
Che mania era mai quella di contarci di continuo?
Come se per loro non fossimo che cifre,
un numero da raggiungere prima di espellerci.
Non avevo più paura, di niente.
Non sapevo cosa sarebbe stato di noi.
Nemmeno l’eventualità di morire mi spaventava più.
Solo le speranze deposte in me dai miei,
la sofferenza che avrebbe causato loro se fosse successo,
solo questo mi preoccupava.
Eravamo venuti in pace, ma venivamo cacciati come feccia.
Qualcuno ha detto: “Chi vuole la pace prepari la guerra”.
Questa non era la nostra logica.
Fin da piccola avevo imparato che le migrazioni,
come qualsiasi altro movimento di popoli, esistevano
e sarebbero sempre esistite.
Gli spostamenti da una terra a un’altra esistevano dalla notte dei tempi
ed è dall’esodo rurale che nacque il mondo urbano.
La gente voleva vivere meglio

e partiva per le città, convinta di trovarvi una vita migliore.
Dal canto suo la città non aveva mai rifiutato nessuno
col pretesto di essere satura.
Ognuno vi trovava il suo spazio.
Nessuno prendeva il posto a nessuno,
ognuno occupava il suo.
Ero sicura che questo potesse valere anche nell’ambito dell’emigrazione.
Questa guerra inutile era cominciata da tempo.
Per me risale al momento in cui partii per trovare me stessa; ma non
me ne accorsi.
Seduta ai piedi di quel muro invalicabile, di colpo mi sentii bene.
Stavo per tornare nel mio mondo,
in quel film in cui ero l’attrice principale.
Lo scenario non era Hollywood, ma ebbi in quel momento l’impressione
di rivivere,
e questo mi bastava.
Non restava che far ripartire il nastro.

3 ottobre, Giornata Mondiale dell'Ambiente, un commento di Andrea Merusi

Ogni primo lunedì del mese di ottobre ricorre la Giornata Mondiale dell’habitat. Celebrata per la prima volta dalle Nazioni Unite nel 1986 è diventata una ricorrenza annuale a partire dal 1995.
Quando si parla di habitat si pensa all’ecologia che lo definisce “il posto dove vive un organismo“. Questa semplice definizione vale per tutti gli esseri viventi e riguarda quindi anche l’uomo e le nostre città. Tant’è vero che l’obiettivo della Giornata Mondiale non è solo quello di riflettere sulla tutela degli habitat naturali ma anche sullo stato delle nostre città e dei nostri paesi e sul diritto di tutti a vivere in un’abitazione adeguata.
Dal punto di vista ecologico la tutela degli habitat naturali è di fondamentale importanza e la loro distruzione è uno dei principali problemi ambientali, anche se la gravità della cosa non è particolarmente percepita dalle persone. La perdita di habitat è strettamente legata alla perdita della biodiversità. Basti pensare che è calcolato che ogni volta che una pianta si estingue crollano con lei altre 10-30 specie di organismi vegetali, animali o insettivori; poiché la pianta è l’habitat, cioè la casa, di diversi organismi viventi. Nel 1997 la scienziata indiana Vandana Shiva scriveva che le stime attuali indicano che ogni giorno la Terra perde una specie vivente, dei 5-10 milioni ritenute esistenti. E il dato non sembra migliorato di molto considerato che secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), nel 2014 erano circa 22 mila le specie nel mondo a rischio estinzione. Lo scorso agosto un team di scienziati ha pubblicato un report sulla rivistaNature in cui si denunciava che tre quarti delle specie in via di estinzione in tutto il mondo sarebbero in pericolo a causa della conversione dei loro habitat in terreni agricoli e a causa dello sfruttamento eccessivo delle risorse naturali.
Ma come detto la definizione di habitat si applica anche all’uomo ed è giusto interrogarsi sullo stato delle nostre città e sul diritto di tutti di avere una casa. Anche su questi aspetti c’è molto da fare e probabilmente la gravità della situazione è maggiormente percepita dalle persone. Le riflessioni su questi temi sono però tantissime e toccano situazioni di grandissima complessità. Probabilmente neanche un intero libro basterebbe per approfondire questo argomento. Pensiamo a chi perde il proprio habitat per colpa di una guerra, di un terremoto, di condizioni climatiche avverse, di un inquinamento ambientale nocivo alla salute umana. E pensiamo a chi gli viene negato un nuovo habitat perché considerato straniero, pericoloso, inaffidabile o semplicemente a causa di costi di affitto troppo elevati. Pensiamo a chi la propria casa la mette a disposizione ad altre persone e poi la ritrova distrutta e danneggiata. Pensiamo a come spesso non viene rispettata la nostra città (e i nostri concittadini) con sporcizia, danneggiamenti di opere pubbliche e con l’abbandono di rifiuti.
Ma pensiamo anche agli aspetti positivi: a chi grazie alla condivisione di una casa trova un amico o un amore. Alla sensazione di sentirsi a casa anche quando in realtà si è distanti chilometri e chilometri. All’emozione che si prova quando ci si affeziona ad un posto o una città.
Le riflessioni da fare sono tante, mi limito a ricordare una notizia apparsa pochi giorni fa su alcuni giornali e relativa alla città di Parma, che è il mio habitat. Da un’indagine del franchising immobiliare Solo Affitti pare che tra città e provincia ci siano 51.331 case sfitte e che in Emilia-Romagna un’abitazione su cinque è vuota.
Questi dati dovrebbero interrogarci sulla possibilità di garantire un tetto per tutti, sulla dubbia necessità di costruire ancora nuove abitazioni su terreni vergini e sulla perdita di habitat e preziosa biodiversità causata da un’ulteriore cementificazione del suolo.

Buona Giornata Mondiale dell’Habitat a tutti.

domenica 2 ottobre 2016

2 ottobre, Giornata internazionale della nonviolenza, il commento di Pat Patfoort

Ricordiamo ancora l'importanza della Giornata internazionale della nonviolenza con un commento della nostra autrice Pat Patfoort, che ha dedicato la sua vita professionale e personale al tema della nonviolenza.

Nella nonviolenza è essenziale rispettare gli altri e noi stessi. Rispettare gli altri vuol dire ascoltare i loro desideri e necessità senza pregiudizi, aiutare le persone che ci circondano a esserne consapevoli, accettare il modo in cui gli altri soddisfano i loro desideri e bisogni nel rispetto degli altri, e, se necessario, aiutarli a portare avanti il loro cammino. Se ci troviamo davanti dei giovani possiamo parlare di educazione nonviolenza; se invece sono di mezz’età possiamo parlare di abitudine alla nonviolenza e prevenzione dei conflitti. Se, infine, ci troviamo con persone ancora più grandi, possiamo parlare di custodi della nonviolenza.

2 ottobre, Giornata internazionale della nonviolenza

La Giornata internazionale della nonviolenza viene commemorata il 2 ottobre, data di nascita del Mahatma Gandhi. È stata promossa dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 15 giugno 2007 e celebrata per la prima volta il 2 ottobre di quell’anno.
La risoluzione dell'Assemblea generale chiede a tutti i membri delle Nazioni Unite di commemorare il 2 ottobre in maniera adeguata così da "divulgare il messaggio della nonviolenza, anche attraverso l'informazione e la consapevolezza pubblica."
La risoluzione riafferma "la rilevanza universale del principio della nonviolenza" e "il desiderio di assicurare una cultura di pace, tolleranza, comprensione e nonviolenza".
Il principio della nonviolenza - noto anche come resistenza nonviolenta - rifiuta l'uso della violenza fisica o verbale, al fine di raggiungere obiettivi sociali o cambiamenti politici, e perseguire la Verità. Spesso descritta come "la politica della gente comune", questa forma di lotta sociale è stata adottata in massa delle popolazioni di tutto il mondo nelle campagne per la giustizia sociale.
La nonviolenza non è solo la negazione della violenza e non solo un metodo di azione, è uno stile di vita, si distingue dal pacifismo che invece è una lotta per il disarmo.
Segnaliamo ai nostri lettori un estratto del libro dell’antropologa e formatrice alla nonviolenza belga Pat Patfoort dal titolo “Mamma viene a morire da noi domenica”, in cui descrive gli ultimi mesi di vita della mamma, ormai 91enne non più autosufficiente, prigioniera di un corpo che non le risponde più, in cerca dell’eutanasia come una liberazione dalle sofferenze quotidiane.

“Ho riflettuto su nonviolenza ed eutanasia. Immagino come se fosse un film, ma a volte può verificarsi anche nella realtà, per esempio in tempo di guerra. Qualcuno sarà torturato o morirà di un’altra morte dolorosa. Ad esempio, un soldato ferito deve essere abbandonato e cade nelle mani di un nemico crudele. Un amico lo finisce per evitare che accada. È una scelta molto difficile, ma meglio di quella morte tremenda. Paragono questa si­tuazione a quella della mamma. La tortura che ha subìto il suo corpo, che diventa ogni giorno più intensa, è peggio della morte. E allora possiamo o dobbiamo poter scegliere. Non fare nulla è anch’essa una scelta”.