La Giornata internazionale della nonviolenza viene commemorata il 2 ottobre, data di nascita del Mahatma
Gandhi. È stata promossa dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 15 giugno 2007 e
celebrata per la prima volta il 2 ottobre di quell’anno.
La risoluzione dell'Assemblea
generale chiede a tutti i membri delle Nazioni Unite di commemorare il 2
ottobre in maniera adeguata così da "divulgare il messaggio della
nonviolenza, anche attraverso l'informazione e la consapevolezza pubblica."
La risoluzione riafferma "la
rilevanza universale del principio della nonviolenza" e "il desiderio
di assicurare una cultura di pace, tolleranza, comprensione e
nonviolenza".
Il principio della nonviolenza - noto anche come resistenza nonviolenta -
rifiuta l'uso della violenza fisica o verbale, al fine di raggiungere obiettivi
sociali o cambiamenti politici, e perseguire la Verità. Spesso descritta come
"la politica della gente comune", questa forma di lotta sociale è
stata adottata in massa delle popolazioni di tutto il mondo nelle campagne per
la giustizia sociale.
La
nonviolenza non è solo la negazione della violenza e non solo un metodo di
azione, è uno stile di vita, si distingue dal pacifismo che invece è una lotta
per il disarmo.
Segnaliamo ai nostri lettori un estratto del libro dell’antropologa
e formatrice alla nonviolenza belga Pat Patfoort dal titolo “Mamma viene a morire
da noi domenica”, in cui descrive gli ultimi mesi di vita della
mamma, ormai 91enne non più autosufficiente, prigioniera di un corpo che non le
risponde più, in cerca dell’eutanasia come una liberazione dalle sofferenze
quotidiane.
“Ho
riflettuto su nonviolenza ed eutanasia. Immagino come se fosse un film, ma a
volte può verificarsi anche nella realtà, per esempio in tempo di guerra.
Qualcuno sarà torturato o morirà di un’altra morte dolorosa. Ad esempio, un soldato
ferito deve essere abbandonato e cade nelle mani di un nemico crudele. Un amico
lo finisce per evitare che accada. È una scelta molto difficile, ma meglio di
quella morte tremenda. Paragono questa situazione a quella della mamma. La
tortura che ha subìto il suo corpo, che diventa ogni giorno più intensa, è
peggio della morte. E allora possiamo o dobbiamo poter scegliere. Non fare
nulla è anch’essa una scelta”.