Ogni
primo lunedì del mese di ottobre ricorre la Giornata Mondiale dell’habitat.
Celebrata per la prima volta dalle Nazioni Unite nel 1986 è diventata una
ricorrenza annuale a partire dal 1995.
Quando
si parla di habitat si pensa all’ecologia che lo definisce “il
posto dove vive un organismo“. Questa semplice definizione vale per
tutti gli esseri viventi e riguarda quindi anche l’uomo e le nostre città.
Tant’è vero che l’obiettivo della Giornata Mondiale non è solo quello di
riflettere sulla tutela degli habitat naturali ma anche sullo stato delle
nostre città e dei nostri paesi e sul diritto di tutti a vivere in
un’abitazione adeguata.
Dal
punto di vista ecologico la tutela degli habitat naturali è di fondamentale
importanza e la loro distruzione è uno dei principali problemi ambientali,
anche se la gravità della cosa non è particolarmente percepita dalle persone.
La perdita di habitat è strettamente legata alla perdita della biodiversità.
Basti pensare che è calcolato che ogni volta che una pianta si estingue
crollano con lei altre 10-30 specie di organismi vegetali, animali o insettivori;
poiché la pianta è l’habitat, cioè la casa, di diversi organismi viventi. Nel
1997 la scienziata indiana Vandana Shiva scriveva che le stime attuali indicano che
ogni giorno la Terra perde una specie vivente, dei 5-10 milioni ritenute
esistenti. E il dato non sembra migliorato di molto
considerato che secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della
Natura (IUCN), nel 2014 erano circa 22 mila le specie nel mondo a rischio
estinzione. Lo scorso agosto un team di scienziati ha pubblicato un report
sulla rivistaNature in cui si denunciava che tre quarti
delle specie in via di estinzione in tutto il mondo sarebbero in pericolo a
causa della conversione dei loro habitat in terreni agricoli e a causa dello
sfruttamento eccessivo delle risorse naturali.
Ma come detto la definizione
di habitat si applica anche all’uomo ed è giusto interrogarsi sullo stato delle
nostre città e sul diritto di tutti di avere una casa. Anche su questi aspetti
c’è molto da fare e probabilmente la gravità della situazione è maggiormente
percepita dalle persone. Le riflessioni su questi temi sono però tantissime e
toccano situazioni di grandissima complessità. Probabilmente neanche un intero
libro basterebbe per approfondire questo argomento. Pensiamo a chi perde il proprio
habitat per colpa di una guerra, di un terremoto, di condizioni climatiche
avverse, di un inquinamento ambientale nocivo alla salute umana. E pensiamo a
chi gli viene negato un nuovo habitat perché considerato straniero, pericoloso,
inaffidabile o semplicemente a causa di costi di affitto troppo elevati.
Pensiamo a chi la propria casa la mette a disposizione ad altre persone e poi
la ritrova distrutta e danneggiata. Pensiamo a come spesso non viene rispettata
la nostra città (e i nostri concittadini) con sporcizia, danneggiamenti di
opere pubbliche e con l’abbandono di rifiuti.
Ma pensiamo anche agli
aspetti positivi: a chi grazie alla condivisione di una casa trova un amico o
un amore. Alla sensazione di sentirsi a casa anche quando in realtà si è distanti
chilometri e chilometri. All’emozione che si prova quando ci si affeziona ad un
posto o una città.
Le riflessioni da fare sono
tante, mi limito a ricordare una notizia apparsa pochi giorni fa su alcuni
giornali e relativa alla città di Parma, che è il mio habitat. Da un’indagine
del franchising immobiliare Solo Affitti pare che tra città e provincia ci
siano 51.331 case sfitte e che in Emilia-Romagna un’abitazione su cinque è
vuota.
Questi dati dovrebbero
interrogarci sulla possibilità di garantire un tetto per tutti, sulla dubbia
necessità di costruire ancora nuove abitazioni su terreni vergini e sulla
perdita di habitat e preziosa biodiversità causata da un’ulteriore
cementificazione del suolo.
Buona Giornata Mondiale
dell’Habitat a tutti.