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mercoledì 5 aprile 2017

5-6 aprile 1992, al via il dramma di Sarajevo e le cannonate su Višegrad

Il 5 aprile 1992 paramilitari serbo-bosniaci attaccano la scuola di polizia di Vrača, a Sarajevo, dove sono in corso i festeggiamenti per la fine del sesto mese di corso. Le forze speciali serbe pretendono di prendere possesso dei locali ma il comandante della scuola si rifiuta. Comincia così la prima battaglia registrata a Sarajevo della guerra del 1992-1995. Nella Bosnia orientale si sparava già da qualche giorno. La battaglia dura 24 ore, dopo di che una trattativa permette ai cadetti di lasciare la scuola, ma non al loro comandante. Contemporaneamente, a Vrača cominciano violenze e saccheggi. È già il 6 aprile e sta andando in scena la manifesta­zione rievocativa della liberazione di Sarajevo da parte dei partigiani nel 1945, con circa 40.000 persone affollate sotto al palazzo del parlamento. All’improv­viso cecchini četnici serbo-bosniaci aprono il fuoco sui manifestanti. La folla, in preda al panico, in parte entra nel palazzo del parlamento, in parte marcia verso il ponte Vrbanja, sbar­rato dalla barricata che blocca l’accesso a Grbavica. Quando la folla avanza, un cecchino apre il fuoco. Suada Dilberović, 23 anni, venuta da Dubrovnik per studiare a Sarajevo, cade a terra senza vita. Anche Olga Sučić, croata, è uccisa dai cecchini; altri sono feriti. Così inizia il lunghissimo assedio di Sarajevo, durato circa 1.400 giorni, e la guerra in Bosnia Erzegovina, terminata solo nel novembre del 1995 con la firma degli Accordi di Dayton (ma in realtà l’assedio sarà tolto solo alla fine di febbraio del 1996).
Nello stesso giorno, il 6 aprile 1992, inizia un bombardamento di artiglieria pesante da parte della Ju­goslovenska narodna armija (Jna) su Višegrad, nella Bosnia orientale. Gli abitanti di Višegrad fuggono cercando rifugio presso amici e parenti. Un gruppo di cittadini musulmano-bosniaci reagisce all’aggressione della Jna prendendo in ostaggio alcuni serbo-bosniaci e occupando la centra­le idroelettrica e la diga. A capo del gruppo c’è Murat Šabanović, che minaccia di far saltare in aria la diga, con conseguenze inimmaginabili. Comincia una drammatica contrattazione in diretta televisiva, mentre sia Višegrad sia le cittadine e i villaggi nei dintorni si vanno svuotando ulteriormente. L’iniziativa di Šabanović ha l’effetto di fermare, temporaneamente, le cannonate della Jna. Il 12 aprile il bluff di Šabanović viene scoperto e il 13 aprile il Corpo militare di Ušice può procedere con l’occupazione della città, dove dal successivo mese di maggio si registrerà la prima approfondita pulizia etnica ai danni dei musulmani di Bosnia, che a Višegrad costituivano il 63 per cento della popolazione.
Circa tremila persone vengono uccise e fatte scomparire. Lo stupro etnico ai danni di donne, bambini e uomini diviene pratica comune. Il fiume Drina, mirabilmente cantato dal premio Nobel per la letteratura Ivo Andrić, diviene la più grande fossa comune di quella guerra.
Višegrad. L’odio, la morte, l’oblio di Luca Leone è un reportage scritto sul campo che racconta le vicende, raccoglie le testimonianze di tutte le parti e fa il punto sull’episodio che ha rappresentato la prova generale di ciò che sarebbe accaduto tra il 1992 e il 1995 a Srebrenica, Prijedor, Foča e in altri luoghi passati alla storia per la crudeltà degli eventi verificatisi.
Luca Leone presenta il libro venerdì 7 aprile ad Ancona alle 18,30 presso Zazie, corso Mazzini 79. Modera Paolo Pignocchi, vicepresidente di Amnesty International; organizza il Gruppo Amnesty International di Ancona.


Con il patrocinio di Amnesty International sezione italiana, Cisl Emilia Romagna, Iscos Emilia Romagna, Mirni Most