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martedì 24 ottobre 2017

Grande Guerra e sport, gli effetti del conflitto su Nedo Nadi

Oggi il 24 ottobre si ricorda la battaglia di Caporetto, scontro che  venne combattuto durante la prima guerra mondiale tra il Regio Esercito italiano le forze austro-ungariche e tedesche.
Si tratta della più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano, tanto che ancora oggi il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta disastrosa.
Abbiamo scelto un estratto tratto da La migliore gioventù. Vita, trincee e morte degli sportivi italiani nella Grande Guerra di Daniele Nardi  e Dario Ricci, in cui si racconta di questo episodio militare legato a un grande schermidore, Nedo Nadi, l'unico schermidore ad avere vinto una medaglia d'oro in tutte e tre le armi nel corso di una stessa Olimpiade e detentore del record di maggior numero di medaglie d'oro vinte nella scherma sempre in una stessa Olimpiade.


“A lasciare cicatrici indelebili nell’animo di Nedo, invece, è il conflitto, come spiega ancora Roma: ´Dalla guerra sanguinosa, in trincea, sul Carso, Montenero, Altipiano dei Sette Comuni, Dobernò, San Michele, Cividale, all’Isonzo, a Caporetto, assalti corpo a corpo, bombe a mano, a piedi e a cavallo, nel fango e infine in Francia si guadagnò una terza decorazione al valor militare, dove ne uscì miracolosamen­te indenne ma profondamente logorato. Il patire fisico della fame, nella miseria, sporcizia, e tutto il complesso, avevano scavato nella carne e nel cuore del reduce solchi indelebili’. Profondamente religioso, avvezzo a quella sublime finzio­ne dell’arte del vivere, uccidere o morire che è la scherma, il soldato Nadi compie fino in fondo il proprio dovere, ma quasi rimanendo schiacciato dalle irrisolte contraddizioni che la sofferenza, il dolore, i patimenti propri e altrui pon­gono alle anime più illuminate: ‘La violenza, l’abbattimen­to di un proprio simile, erano per il suo spirito, inconcepibili – scrive ancora Roma – e il rifluire di giorni e di stagioni di quegli anni di tremendi orrori, lo incupirono rendendolo più che mai pensoso e triste, con un peso di colpa e di vergogna’.