Oggi il 24
ottobre si ricorda la
battaglia di Caporetto, scontro che
venne combattuto durante la prima guerra mondiale tra il Regio Esercito
italiano le forze austro-ungariche e tedesche.
Si tratta della più grave disfatta nella
storia dell'esercito italiano, tanto che ancora oggi il termine Caporetto viene
utilizzato come sinonimo di sconfitta disastrosa.
Abbiamo
scelto un estratto tratto da La migliore gioventù. Vita, trincee e morte degli sportivi
italiani nella Grande Guerra di Daniele
Nardi e Dario Ricci, in cui si
racconta di questo episodio militare legato a un grande schermidore, Nedo Nadi,
l'unico schermidore ad avere vinto una
medaglia d'oro in tutte e tre le armi nel corso di una stessa Olimpiade e detentore
del record di maggior numero di medaglie d'oro vinte nella scherma sempre in
una stessa Olimpiade.
“A lasciare cicatrici indelebili nell’animo di Nedo, invece, è il conflitto, come spiega ancora Roma: ´Dalla guerra sanguinosa, in trincea, sul Carso, Montenero, Altipiano dei Sette Comuni, Dobernò, San Michele, Cividale, all’Isonzo, a Caporetto, assalti corpo a corpo, bombe a mano, a piedi e a cavallo, nel fango e infine in Francia si guadagnò una terza decorazione al valor militare, dove ne uscì miracolosamente indenne ma profondamente logorato. Il patire fisico della fame, nella miseria, sporcizia, e tutto il complesso, avevano scavato nella carne e nel cuore del reduce solchi indelebili’. Profondamente religioso, avvezzo a quella sublime finzione dell’arte del vivere, uccidere o morire che è la scherma, il soldato Nadi compie fino in fondo il proprio dovere, ma quasi rimanendo schiacciato dalle irrisolte contraddizioni che la sofferenza, il dolore, i patimenti propri e altrui pongono alle anime più illuminate: ‘La violenza, l’abbattimento di un proprio simile, erano per il suo spirito, inconcepibili – scrive ancora Roma – e il rifluire di giorni e di stagioni di quegli anni di tremendi orrori, lo incupirono rendendolo più che mai pensoso e triste, con un peso di colpa e di vergogna’.