Lo
scorso 5 novembre un’associazione di “patrioti” serbo-bosniaci, in
collaborazione con l’ambasciata russa in Bosnia Erzegovina e il comune di
Sarajevo Est, ha inaugurato una grossa targa nera in memoria dell’ex
rappresentante diplomatico russo presso le Nazioni Unite Vitaly Churkin, l’uomo
che nel 2015 s’è opposto all’approvazione da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu
di una risoluzione che, vent’anni dopo, riconosceva il genocidio di Srebrenica.
Risoluzione che il rappresentante dei “patrioti” serbo-bosniaci ha definito
“vergognosa e perfida”, sorvolando sui 10.701 morti del genocidio e su tutto il
resto.
Sarajevo
Est è così riuscita laddove finora hanno fallito gli ultranazionalisti
serbo-bosniaci di Srebrenica negli ultimi due anni. Tace l’Alto rappresentante
della comunità internazionale in Bosnia, ma si tratta dell’ennesima pugnalata
alle spalle della pace e della stabilità nel Paese balcanico, che tira in ballo
inevitabilmente anche la pace e la stabilità in tutto il continente. Una volta
di più – ma su questo ormai non possono più esserci dubbi – con il pieno
sostegno di Mosca, in questo inquietante secondo tempo della guerra fredda.