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mercoledì 8 marzo 2017

8 marzo – il coraggio delle donne in tutto il mondo

Bibata Ouedraogo, Su Changlang, Eren Keskin, Máxima Acuña, Helen Knott sono donne che difendono i diritti umani e che hanno deciso di dedicare la propria vita alla battaglia quotidiana per la realizzazione dei diritti umani di tutte e tutti noi.
In Burkina Faso, in Cina, in Turchia, in Perù e in Canada, si legge in un appello promosso da Amnesty International, queste donne coraggiose vengono minacciate, vessate, insultate, umiliate, censurate, marginalizzate, picchiate, imprigionate, perseguitate penalmente per il loro lavoro in difesa dei diritti umani; per aver sfidato gli stereotipi di genere, le strutture del potere e del profitto, le norme sociali e i valori patriarcali, religiosi e tradizionali; per aver rivendicato i diritti sessuali e riproduttivi e i diritti ambientali e dei popoli nativi.
Sono donne che difendono i nostri diritti, noi dobbiamo difendere il loro spazio d’azione, continua l’appello di Amnesty International, contribuendo a creare un ambiente sicuro e idoneo in cui sia possibile difendere e promuovere i diritti umani senza timore di punizioni, rappresaglie o intimidazioni.
Perché non ci siano altre donne che muoiono per aver difeso i diritti umani – come la coraggiosa Berta Càceres, uccisa il 2 marzo 2016 per il suo lavoro in difesa della terra e dei diritti della comunità nativa in Honduras – la sezione italiana di Amnesty International chiede al nostro Governo il riconoscimento del ruolo di coloro che difendono i diritti umani e in particolare quello delle donne, che spesso affrontano rischi aggiuntivi sia per il loro genere che per i diritti contestati che rivendicano e che si adoperi, sia attraverso le sue missioni all’estero, che sul nostro territorio, con azioni concrete a favore delle difensore a rischio, legittimandole, proteggendole e promuovendo il loro lavoro in Italia e all’estero.
La storia di Berta Càceres è raccontata all’interno del Rapporto 2016-2017. La situazione dei diritti umani nel mondo di Amnesty International che riportiamo a favore dei colleghi della stampa. Il testo può essere ripreso dalla stampa citando la fonte © Infinito edizioni 2017 – www.infinitoedizioni.it

“L’Honduras continuava a essere uno dei paesi più pericolosi dell’America Latina per la comunità dei difensori dei diritti umani, specialmente per gli ambientalisti e gli attivisti per la terra. Secondo l’Ngo Global Witness, l’Honduras deteneva il tasso pro capite di omicidi di ambientalisti e attivisti per la terra più elevato al mondo2. Berta Cáceres, lea­der e cofondatrice del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Hon­duras (Consejo cívico de organizaciones populares e indígenas de Honduras – Copinh), è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco nella sua abitazione il 2 marzo. La Iachr le aveva accordato misure di protezione sin dal 2009 ma le autorità honduregne non avevano provveduto ad applicare misure in grado di proteggerla in maniera efficace. Prima della sua morte, era stata vittima di continue vessazioni, minacce e attacchi da parte di attori statali e non statali, così come era accaduto ad altri membri del Copinh che protestavano contro la costruzione della diga Agua Zarca, nella comunità di Río Blanco.”