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martedì 27 febbraio 2018

Višegrad, 27 febbraio 1993: la strage dei passeggeri del diretto 671

Višegrad è una cittadina della Bosnia orientale che ha vissuto, a partire dalla primavera del 1992, sotto un regime del terrore e dell’orrore comandato da un gruppo di paramilitari serbo-bosniaci sostenuti dall’esercito serbo, guidato dai cugini Milan e Sredoje Lukić. I due si rendono protagonisti, nel corso di quella terribile estate del 1992, di una serie di episodi disumani, tra cui l’uccisione a sangue freddo di sette musulmani-bosniaci, i cui cadaveri vengono gettati nella Drina, e della combustione di cinquantacinque persone – tra cui una neonata di tre giorni di vita – in una cantina di Pionirska ulica, nella quale i Lukić lanciano ordigni incendiari alimentando poi le fiamme per ore con la benzina. L’orrore continua con toni di questo genere per tutta l’estate, finché la pulizia etnica ai danni dei musulmani-bosniaci – che costituivano il 63 per cento della popolazione locale – viene portata a termine con operazioni di rastrellamento, deportazioni e omicidi di massa di centinaia di civili all’interno di case private. Circa tremila persone vengono uccise e fatte scomparire. Il 27 febbraio del 1993, come ricorda il giornalista e scrittore  Luca Leone in Višegrad. L’odio, la morte, l’oblio è una data importante nella cronologia dei fatti. “Il treno diretto 671, partito da Belgrado con de­stinazione Bar, entra nel territorio della Repubblica serba di Bosnia, sempre nel comune di Rudo. Il convoglio viene fatto fermare dai para­militari dei cugini Lukić nella stazione di Štrpci, una frazione di Rudo. I paramilitari avrebbero solo il mandato di controllare i documenti di tut­ti i passeggeri, ma dal convoglio vengono fatte scendere diciannove per­sone “non serbe”: un croato e diciotto musulmani-bosniaci. Gli sventu­rati, una volta scesi dai vagoni, vengono derubati e abusati fisicamente, come consuetudine delle Aquile bianche. Quindi vengono fatti salire a forza su un camion e, condotti nei pressi del Vilina Vlas, nella zona termale di Višegrad, vengono torturati tra i resti di una casa bruciata da un rogo lungo la riva della Drina. Terminato il divertimento, tutti vengono eliminati con un colpo alla testa e i loro corpi gettati nel fiume. I loro resti non sono mai stati ritrovati. Dei trenta sospettati per questo eccidio, al momento solo uno, Nebojša Ranisavljević da Despotovac è stato condannato, nel 2002, dal tribunale di Bjelo Polje, a quindici anni di carcere (condanna poi confermata in appello dalla Corte suprema del Montenegro nell’aprile del 2004). Ranisavljević è stato rilasciato per buona condotta nel 2011 ed è tornato uomo libero. Nel 2014 sono poi stati arrestati altri quindici presunti responsabili della strage, al momen­to ancora in attesa di sentenza definitiva.”

mercoledì 21 febbraio 2018

"Italia.zip", due giorni di incontri tra Napoli e Caserta

Dai ghiacciai delle Alpi al clima quasi desertico di Lampedusa. Dagli abeti sempreverdi ai fichi d’India. Da una parte si guarda all’Europa settentrionale e dall’altra l’orizzon­te spazia verso il Maghreb o, come nei primi anni del secolo scorso, verso altre terre e altri continenti. Un Paese spaccato a metà: è l’immagine che emerge sempre più spesso dalla lettura di statistiche e classifiche che analizzano nei vari aspetti l’Italia.
“Che l’Italia si muova a due velocità – affermano Mario Conte e Pierluigi Senatore in Italia.zip – non è una novità. Ma fa sempre effetto scoprire che questa regola venga confermata praticamente in tutti i settori della vita quotidiana. E se l’Italia non fosse un Paese verticale, ma orizzontale? Se in realtà Aosta e Palermo convivessero adagiate sulla stessa latitu­dine, l’Italia sarebbe così diversa e ricca di contraddizioni? Se i migranti, invece di arrivare sulle coste meridionali di Sicilia, Ca­labria e Puglia, approdassero anche sulle “coste” della Lombardia o del Trentino, le cose e la percezione del problema sarebbero diverse? Se per andare da Trieste a Napoli viaggiassimo in orizzontale e non in verticale, l’Italia sarebbe diversa? E gli italiani?.”

Due amici, un giudice e un giornalista, che risiedono a mille chilometri di distanza, l’uno al sud e l’altro al nord, si confrontano sulle rispettive realtà e sul futuro dell’Italia. Italia.zip è un libro che in parte è saggio, in parte è dialogo e confronto profondo tra due persone che, attraverso i loro lavori “sensibili”, vivono quotidianamente le contraddizioni, i pregiudizi, le migrazioni e le divisioni del nostro Belpaese.


Vi invitiamo alle due presentazioni del libro organizzate per venerdì 23 febbraio a NAPOLI, presso Libreria Ubik, via Benedetto Croce 28, ore 17,00. Partecipano il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il magistrato Nino Di Matteo della Procura Nazionale Antimafia, l’avvocato Piergiorgio Morosini; modera la giornalista dell’Espresso Floriana Bulfon insieme al giornalista e scrittore Vincenzo Imperatore. Il secondo incontro è fissato per
sabato 24 febbraio a CASERTA, presso la Biblioteca comunale, via Capitano Laviano 65, ore 10,30. Dialogano con gli autori il sindaco Carlo Marino e l’assessore alla cultura Daniela Borrelli.

martedì 20 febbraio 2018

21 febbraio 2006, il Tpi inizia il processo contro Milan Lukić

Višegrad è una cittadina della Bosnia orientale che ha vissuto, a partire dalla primavera del 1992, sotto un regime del terrore e dell’orrore comandato da un gruppo di paramilitari serbo-bosniaci sostenuti dall’esercito serbo, guidato dai cugini Milan e Sredoje Lukić. I due si rendono protagonisti, nel corso di quella terribile estate del 1992, di una serie di episodi disumani, tra cui l’uccisione a sangue freddo di sette musulmani-bosniaci, i cui cadaveri vengono gettati nella Drina, e della combustione di cinquantacinque persone – tra cui una neonata di tre giorni di vita – in una cantina di Pionirska ulica, nella quale i Lukić lanciano ordigni incendiari alimentando poi le fiamme per ore con la benzina. L’orrore continua con toni di questo genere per tutta l’estate, finché la pulizia etnica ai danni dei musulmani-bosniaci – che costituivano il 63 per cento della popolazione locale – viene portata a termine con operazioni di rastrellamento, deportazioni e omicidi di massa di centinaia di civili all’interno di case private. Circa tremila persone vengono uccise e fatte scomparire. Il 21 febbraio 2006 Milan Lukić viene messo a disposizione del Tpi, dopo essere stato catturato in Argentina, nell’estate del 2005. Lukić viene condannato in via definitiva all’ergastolo nel dicembre del 2012.
Una testimonianza di come, fino ai primi anni Duemila Lukić girasse indisturbato sul territorio di Višegrad è raccolta dal giornalista Luca Leone in Višegrad. L’odio, la morte, l’oblio nella sua intervista a Bakira Hašečić, una vera Lady Wiesenthal del conflitto in Bosnia-Erzegovina.

“Abbiamo piantato un’altra volta le tende qui a Kosovo Polje e una sera del 2001 vediamo arrivare una grossa automobile nera. Un poliziotto della Iptf1 esce dall’auto ed entra nella mia tenda. Nel farlo, urta con la testa e gli cade il cappello in terra. Esce per recuperare il cap­pello e nel frattempo io riesco ad appuntarmi il numero della targa della macchina. L’uomo torna all’auto e alla radio, parlando con qualcuno, dice: ‘Chiederò quanti sono’. Allora tutti abbiamo capito di non avere a che fare con un poliziotto dell’Iptf ma con Milan Lukić in persona. Si avvicina al portabagagli della macchina, lo apre… era vuoto. Abbiamo pensato che lui e quello seduto in auto, che lo aveva accompagnato, fos­sero venuti a rubarci i viveri, che ci erano stato consegnati proprio quel giorno. Da dentro la macchina la voce del secondo uomo gridava: “Pa­drone! Padrone!’, l’urlo che proprio Lukić lanciava quando entrava nelle case delle sue vittime. Allora siamo tutti scappati da dentro le tende e ci siamo affrettati verso il torrente… – ora ride di gusto – …ormai era una prassi consolidata, perché quando durante la guerra i četnici entravano nelle nostre case noi scappavamo sempre tutti verso il torrente…”.

lunedì 19 febbraio 2018

"L'invitato", il 21 incontro a Trieste

“Poco lontano da me, Kevin trascinava le transenne formando delle righe a zig zag sulla neve e Tom, immobile, si sbatteva la mano sulla fronte chiedendosi, senza alcun dubbio, se fossi pazzo. Ma io, speran­zoso romantico e idiota che ero, iniziai a calcare con i piedi sulla neve, in grande e cubitale, come una letterina di un bambino innamorato, la scritta meu amor. Mi pare ancora di vedere le facce incredule dei miei due amici che, insieme a quella del sottoscritto, erano di tanto in tanto abbagliate dai flash, fra sguardi dei curiosi e risa dei passanti. Alcuni di loro, per di più, avevano iniziato a guardare dal basso verso l’alto e rimasero immobili ad assistere alla scena, nell’attesa di scorgere la cor­teggiata. Nel frattempo, dal caffè e dal ristorante si vedevano ombre di persone accalcate alle vetrate per leggere l’enorme messaggio sulla neve circondato e protetto dalle transenne della Polizei. Ma, ahimè, com’è vero che tutti i momenti di gloria prima o poi debbono finire, ecco che il suono di una sirena si avvicinò repentinamente alla piazza, generan­do il fuggi fuggi della folla. Ricordo le luci blu che si riflettevano sui bianchi mucchi di neve spalati e accantonati sul muro di Santo Stefano e la corsa che facemmo giù dalle scale del metrò. Dietro di noi, con gran foga, tre berretti bianchi ci incalzavano gridando: «Halt! Halt!». Dall’alto della scala mobile vedemmo la carrozza pronta a riprendere la marcia in direzione di Simmering. La provvidenza volle, Dio solo sa come, che riuscimmo a salire con le porte quasi chiuse. Pochi istanti più tardi arrivarono i poliziotti battendo i pugni contro i finestrini, ma l’U-Bahn partì. E nel rimbombo delle grandi arcate sotterranee della fermata e dentro la carrozza, una voce automatica incisa su un disco indicò l’imminente partenza della carrozza, salutando la stazione di Santo Stefano. Zug fährt ab.”

Tre amici, quelli di sempre, Leo, Kevin e Tom, da Trieste, la loro città, si ritrovano a Vienna per realizzare il progetto di Tom, la creazione di una galleria dedicata alla Pop Art.
Leo – vero protagonista del libro – vive la capitale austriaca intensamente, passando dal ballo delle debuttanti a innamoramenti non corrisposti fino alla pesante caduta in disgrazia senza mai abbattersi, neanche dopo aver collezionati le peggiori gaffes.
Massimiliano Alberti in questo romanzo frizzante dipinge un disilluso affresco della nostra società in una Vienna che fa da cornice classica a uno stile… del tutto Pop.
Nell’atmosfera asburgica Leo mulina supponenza e insolenza come se fossero una spada. E pazienza se colpirà alla cieca: saccenti critici, arrampicatori sociali, giovani e belle donne abbacinate dal lusso, ma anche gli amici di sempre, fedeli maggiordomi, innocenti studentesse. Tutti fatti a fettine. A scatenare il giovane è un disagio interiore, l’inadeguatezza etnica del disprezzato italiener al cospetto dell’aristocrazia dell’aquila bicipite: illuminata ma irraggiungibile”. (Francesco De Filippo)

“Quello di Alberti è un romanzo quasi teatrale, un caleidoscopio di maschere esistenziali quotidiane sempre pronte a cadere ma che si rivelano, però, terribilmente reali. L’autore sa bene, e lo dimostra, come nascondere la verità e svelare la finzione” (The Leading Guy)

Mercoledì 21 febbraio, ore 18,00 - presso l’Antico Caffè San Marco - Trieste

Dialoga con l’autore Donatella Pohar
Letture a cura di Eva Tomat e Lorenzo Zuffi.

Il libro:
Titolo: L’invitato
Autore: Massimiliano Alberti
€ 14,00 – pag. 224



mercoledì 14 febbraio 2018

“Italia.zip”, incontro a Carpi (Mo) 14 febbraio

Dai ghiacciai delle Alpi al clima quasi desertico di Lampedusa. Dagli abeti sempreverdi ai fichi d’India. Da una parte si guarda all’Europa settentrionale e dall’altra l’orizzon­te spazia verso il Maghreb o, come nei primi anni del secolo scorso, verso altre terre e altri continenti. Un Paese spaccato a metà: è l’immagine che emerge sempre più spesso dalla lettura di statistiche e classifiche che analizzano nei vari aspetti l’Italia.
“Che l’Italia si muova a due velocità – affermano Mario Conte e Pierluigi Senatore in Italia.zip – non è una novità. Ma fa sempre effetto scoprire che questa regola venga confermata praticamente in tutti i settori della vita quotidiana. E se l’Italia non fosse un Paese verticale, ma orizzontale? Se in realtà Aosta e Palermo convivessero adagiate sulla stessa latitu­dine, l’Italia sarebbe così diversa e ricca di contraddizioni? Se i migranti, invece di arrivare sulle coste meridionali di Sicilia, Ca­labria e Puglia, approdassero anche sulle “coste” della Lombardia o del Trentino, le cose e la percezione del problema sarebbero diverse? Se per andare da Trieste a Napoli viaggiassimo in orizzontale e non in verticale, l’Italia sarebbe diversa? E gli italiani?.”

Due amici, un giudice e un giornalista, che risiedono a mille chilometri di distanza, l’uno al sud e l’altro al nord, si confrontano sulle rispettive realtà e sul futuro dell’Italia. Italia.zip è un libro che in parte è saggio, in parte è dialogo e confronto profondo tra due persone che, attraverso i loro lavori “sensibili”, vivono quotidianamente le contraddizioni, i pregiudizi, le migrazioni e le divisioni del nostro Belpaese.


Vi invitiamo alla presentazione del libro mercoledì 14 febbraio a CARPI (MO), presso l’Auditorium della Biblioteca Loria, via Pio Rodolfo 1, ore 21,00. Dialogano con gli autori il cantante Paolo Belli, il sindaco di Carpi Alberto Bellelli e la Strana Coppia di Radio Bruno. Modera l'incontro Odoardo Semellini.

martedì 13 febbraio 2018

“Fuga dalla Corea del Nord”, nuovo in libreria

In questi giorni gli occhi del mondo sono puntati verso l’Asia, lungo la direttrice del 38° parallelo, che negli anni ’50 rappresentava la linea di confine tra la Corea del Nord e quella del Sud. La guerra, che prese avvio nell’estate del 1950, fu uno degli esempi più eclatanti del periodo della guerra fredda e sancì, al suo termine, la netta divisione tra le due Coree.
Un fatto storico si è verificato durante la cerimonia di apertura dei XXIII Giochi Olimpici invernali di Pyeongchang, in Corea del Sud, quando gli atleti delle due Coree hanno sfilato insieme sotto un'unica bandiera che rappresentava l'intera penisola. Il clima di disgelo è continuato con una stretta di mano fra il presidente della Corea del Sud Moon Jae-in e Kim Yo-jong, la sorella più giovane del leader nordcoreano Kim Jong-un, che ha fatto il giro del mondo. 

Fuga dalla Corea del Nord, romanzo di Daniele Zanon appena uscito in libreria, nasce dalla testimonianza (anonima per questioni di sicurezza) di un’operatrice di un’organizzazione non governativa attiva nel campo della tutela dei diritti umani. In questo libro si racconta di una rocambolesca fuga di un gruppo di ragazzi in una comune di rieducazione, che s’intreccia con la deificazione della famiglia al potere, quella dei Kim, l’onnipotenza dei militari e con lo strano caso di una rara famiglia occidentale che risiede a Pyongyang. Con tratto lieve e deciso l’autore tratteggia gli aspetti più dolorosi di una dittatura sconosciuta ai più, definita dalle Nazioni Unite “un’unica grande prigione”.
“Certi libri hanno il potere di far entrare nella coscienza collettiva la consapevolezza di un luogo o di una problematica. Mi auguro che Fuga dalla Corea del Nord faccia prendere coscienza delle condizioni di vita del popolo nordcoreano, considerate dalle Nazioni Unite fra le peggiori al mondo”. (Alex Zanardi)


Con il patrocinio di Amnesty International

venerdì 9 febbraio 2018

Sabato 10 febbraio la Biblioteca Civica di Ventimiglia si arricchisce del Fondo Serge Voronoff

“Mantenere durante tutta l’esistenza le energie della gioventù, l’ardore dei sentimenti, la fame di vita del cuore e del cervello. Questo è ciò che io desidero per gli uomini”, solo le parole più famose di Serge Voronoff,  chirurgo di fama mondiale, ebreo franco-russo, uomo tra i più popolari del pianeta negli anni ‘20 e ‘30 del Novecento. Voronoff è stato uno sperimentatore, un vero e proprio Frankenstein dei nostri tempi: tra i suoi esperimenti, il più noto è il tentativo di trapianto di un terzo testicolo su animali e uomini, con il progetto di creare una razza superiore e di realizzare il mito dell’eterna giovinezza. Fu detto di lui: “Ciò che connota il nostro secolo sono i grattacieli americani e le operazioni di Voronoff”, ma forse proprio le sue operazioni sono state uno dei veicoli della diffusione dell’AIDS in Europa…
Alla figura controversa del medico che visse a lungo in una splendida villa di Ventimiglia, in località Grimaldi, ha dedicato anni di studio lo storico Enzo Barnabà, studio e ricerca che si sono concretizzati nel libro dal titolo Il sogno dell’eterna giovinezza.
Il Comune di Ventimiglia informa che la Biblioteca Civica “Angelico Aprosio” si arricchirà del Fondo Serge Voronoff, una raccolta di documenti sul celebre scienziato che non ha eguali né in Italia né all’estero. Il Fondo Serge Voronoff, composto da decine di opere scritte dallo stesso Voronoff e sulla sua figura, è l’archivio costruito negli anni da Enzo Barnabà e da lui donato alla Biblioteca Civica.

Per ricordare la figura di Voronoff e questo bel momento per la Biblioteca Civica di Ventimiglia segnaliamo la presentazione del libro Il sogno dell’eterna giovinezza organizzata per sabato 10 febbraio a VENTIMIGLIA, presso il circolo di promozione sociale “Grazia Deledda”, via Roma 63/a, alle 16,30.

giovedì 8 febbraio 2018

Višegrad. L’odio, la morte, l’oblio – incontri con Luca Leone 9 febbraio

Višegrad è una cittadina della Bosnia orientale che ha vissuto, a partire dalla primavera del 1992, sotto un regime del terrore e dell’orrore comandato da un gruppo di paramilitari guidato dai cugini Milan e Sredoje Lukić. I due cugini si rendono protagonisti, nel corso di quella terribile estate del 1992, di una serie di episodi orrendi e tremendi, tra cui ricordiamo dapprima l’uccisione a sangue freddo di sette musulmani-bosniaci i cui cadaveri sono stati gettati nella Drina, poi di aver costretto circa settanta persone – tra cui una neonata di 48 ore di vita – a entrare in un'abitazione di Pionirska ulica nella quale i Lukić lanciano ordigni incendiari uccidendo barbaramente tutti quanti. L’orrore continua con toni di questo genere per tutta l’estate, finché la pulizia etnica ai danni dei musulmani-bosniaci – che costituivano il 63 per cento della popolazione locale – viene portata a termine con operazioni di rastrellamento, deportazioni e omicidi di massa di decine di civili all’interno di case private. Circa tremila persone vengono uccise e fatte scomparire. Il 21 febbraio 2006 Milan Lukić viene arrestato, su mandato del Tpi, in Argentina; viene condannato in via definitiva all’ergastolo solo nel dicembre del 2012.
Višegrad. L’odio, la morte, l’oblio reportage scritto sul campo dal giornalista Luca Leone racconta le vicende, raccoglie le testimonianze di tutte le parti e fa il punto sull’episodio che ha rappresentato la prova generale di ciò che sarebbe accaduto tra il 1992 e il 1995 a Srebrenica, Prijedor, Foča e in altri luoghi passati alla storia per la crudeltà degli eventi verificatisi.

L’autore presente il libro in due incontri fissati per venerdì 9 febbraio: il primo alle 18,30 a TREVISO, presso la Libreria Lovat; partecipa Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia; organizza il Gruppo Amnesty di Treviso. Il secondo incontro si tiene a MESTRE, presso la Libreria Mondadori, ore 20,30; partecipa Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, organizza il Gruppo Amnesty.

martedì 6 febbraio 2018

6 febbraio, Safer Internet Day

Il Safer Internet Day (SID) è un evento che cade il 6 febbraio per sensibilizzare i più giovani a un uso consapevole del web e per spronare gli adulti ad educare i ragazzi in questa direzione. Il SID è promosso da INSAFE e INHOPE, due network internazionali impegnati proprio nel campo della sicurezza online, coordinato dai Safer Internet Centre (SIC) dei singoli Paesi, con il supporto della Commissione Europea.
"Crea, connetti e condividi il rispetto: un internet migliore comincia da te". È lo slogan della giornata mondiale della sicurezza in rete, il Safer Internet Day (#SID2018) che si celebra oggi e che coinvolge 100 paesi nel mondo. "A better Internet stars whit you", ognuno di noi può fare qualcosa a cominciare dall’ascolto dei nostri ragazzi, sia di quello che dicono che, soprattutto, di quello che non dicono.


Per riflettere su questo importante tema segnaliamo la lettura del libro di Luciano Garofano e Lorenzo Puglisi dal titolo La prepotenza invisibile. Bulli e cyberbulli: chi sono, come difendersi e sulla frase tratta dalla prefazione di Maurizio Costanzo: “Curiamo di più i nostri figli, non con divieti o permessi, ma attraverso un’osservazione del loro modo di diventare adulti, certamente rispettosa della loro libertà, ma non per questo meno attenta”.

6 febbraio, Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili

200 milioni di bambine e ragazze in almeno trenta Paesi nel mondo, tra le 61.000 e le 80.000 giovani nel nostro Paese hanno subìto mutilazione genitale femminili. Numeri spaventosi che, come ogni diritto negato, non fanno rumore. In occasione del 6 febbraio, Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili regaliamo un estratto della storia di Nice, keniana coraggiosa, raccolta dalla penna sensibile di Emanuela Zuccalà in Donne che vorresti conoscere
“Per spiegare la rivoluzione che dal villaggio masai di Nomayianat sta investendo l’intera area, Nice torna indietro di quindici anni, quando lei era una piccola orfana terrorizzata che sgattaiolava fuori da casa dello zio per scomparire sotto il grande albero nell’attesa che le luci del gior­no e l’eccitazione per la cerimonia facessero dimenticare la sua assenza nel conteggio delle bambine da “tagliare”. Per due volte s’è sottratta in questo modo all’emuatare, il sanguinoso e ineluttabile rito di passag­gio all’età adulta per le femmine, guidata solo da un istinto infantile impossibile da addomesticare: «Sapevo che avrei pianto e gridato, con­dannando la mia famiglia alla vergogna. Durante la circoncisione, le bambine masai devono stare zitte e ferme sulla pietra, senza muovere neppure gli occhi, altrimenti nessuno le vorrà in spose. Per questo sarei 88 fuggita all’infinito. Ma lo zio insisteva, così mi decisi ad affrontare mio nonno, il capofamiglia: “Non voglio essere tagliata – gli dissi – ho solo otto anni e, prima di diventare donna, devo finire la scuola”. Lui era sbalordito ma era un uomo buono: finì per cedere alla mia insistenza».

Oggi Nice Nailantei Leng’ete è una ventitreenne alta e sinuosa, pros­sima alla laurea in management sanitario e convinta che bastino un ideale e una testa dura per ribaltare il mondo. Lei c’è già riuscita qui, nella società profondamente patriarcale dei pastori masai sparsi per il paesaggio attorno alla cittadina di Loitokitok. Impegnata fin da ado­lescente con l’organizzazione sanitaria Amref («Ero l’unica ragazza del villaggio a saper leggere e scrivere: mi hanno scelta come mediatrice tra gli operatori e la comunità masai»), ha trovato la chiave dello sviluppo esorcizzando il suo spauracchio di bambina: il “taglio”. Perché «una ragazza circoncisa, anche se ha solo otto o dieci anni, è considerata una donna: deve sposarsi e fare figli. Abbandonerà la scuola e non saprà fare nulla se non badare alla casa e ai bambini, perpetuando l’inerzia del­la sua comunità». La ragazza istruita, invece, «porta più mucche», sta scritto sulla sua t-shirt: uno slogan semplice ed efficace che ha indotto a capitolare gli anziani masai esattamente come la piccola Nice, quindici anni fa, era riuscita a persuadere suo nonno.”

venerdì 2 febbraio 2018

Il ricordo di Matvejević a un anno dalla sua scomparsa

Il 2 febbraio del 2017 si spegneva a Zagabria lo scrittore Predrag Matvejević, personalità altissima della cultura e del mondo accademico non solo jugoslavo e balcanico ma di tutta l’Europa. Nel giorno del primo anniversario della sua scomparsa citiamo un breve estratto dalla prefazione di Luca Leone al libro dello scrittore Giacomo Scotti, amico di una vita del professor Matvejević, dal titolo Matvejević e io, due marinai
La scomparsa di Predrag Matvejević lascia tanti vuoti. Già il suo forza­to ritiro, negli ultimi anni di vita, a causa di un grave problema di salute, aveva evidenziato l’assenza di una personalità in grado di sostituirlo nel ruolo irraggiungibile che egli ha avuto non solo come narratore, ma anche come sensibile e metodico studioso di slavistica, adorato com’era dai suoi studenti. Come lui, solo Ivo Andrić e Miroslav Krleža – di cui Matvejević era stato amico, estimatore e biografo – hanno saputo dare alla letteratura degli slavi del sud nota in tutto il mondo quel tocco unico tale da renderlo un Grande alla pari dei Grandi.
Matvejević era un uomo brillante, una brava persona, un amante del­la vita e un intellettuale sopraffino. Abile e dolce narratore, robusto e sensibile conferenziere, ha avuto, tra i pochi, il coraggio di affrontare da solo o quasi, a petto nudo, l’oscurantismo becero e malevolo del con­temporaneo neofascismo in chiave croata pagandone personalmente le conseguenze per la sola “colpa” di aver dato del talebano cristiano a un presunto intellettuale del suo Paese fin troppo pedestremente schierato sulle posizioni del nuovo padrone al comando. Un uomo coraggioso, dunque, che ha combattuto mille battaglie di civiltà, non importa se vincendole o perdendole, ma che ha avuto il coraggio di battersi sempre a viso aperto, sempre e solo schierato dalla parte di chi non aveva voce, quando in tanti si nascondevano per non prendere posizione e annusare il vento, nel suo Paese d’origine come altrove. (…)
Il libro di Giacomo Scotti – questo ponderoso e profondo lavoro che state per leggere – accende sulla persona e sull’opera dell’uomo e dello scrittore di Predrag Matvejević una luce di verità. È, questo libro, la bussola che un grande marinaio della scrittura, Giacomo Scotti, capita­no ad honorem, ha voluto donare in occasione dell’ultimo viaggio al suo amico di sempre e immenso marinaio Predrag Matvejević, lasciando a tutti noi l’onore di salire su una nave che non è di certo quella governata da Caronte nell’Ade, ma il sicuro guscio di noce che, tra flutti e tante belle ma vacue sirene, ci accompagna saldo e protettivo in un viaggio di conoscenza e di crescita intellettuale e umana nella più grande lette­ratura dei nostri tempi e di sempre. Il lascito artistico di Matvejević e l’omaggio coraggioso e alto di Scotti qui si fondono per narrarci la vita e l’opera di un grande uomo, grazie alla penna ispirata e schietta del suo più stimato e amato Amico di sempre.

Grazie Giacomo. Grazie Predrag.